Caro Lupacchiotto,

la pecorella te le ha cantate. Con un silenzio che fa ombra alle tue inutili e arroganti parole. Una pecorella ritrovata senza nome e cognome ma che non ha belato come avresti voluto tu, probabilmente. Mentre tu hai ululato alla luna, a una luna che non ascolta. I tuoi lamenti, le tue litanie, le tue lagne.

La pecorella ha ancora pelo e tu hai ancora vizio. Il vizio si fa sfizio e desiderio di offesa e di umiliazione. Ma non è questa la natura del lupo e, per ciò, sei e rimani un lupacchiotto. Non riesco ad immaginare la fragile pecorella che trema al tuo cospetto. Mi è più facile pensare al tuo mandare urla lamentose al parapetto su cui ti appoggiavi. E anche il parapetto, insieme alla pecorella, ha ritenuto non doverti rispondere.

Caro lupacchiotto, cambia mestiere e natura. Conviene a te e a noi. A noi perché l’importanza di una lotta non può svilirsi nell’imbecillità arrogante di un singolo. A te perché in questa tracotanza, evidentemente, magnifichi i tuoi presunti meriti. Che non si sa quali siano e che non sapremo mai se esistono.

Quindi prova ad esercitarti nei prossimi giorni con il parapetto. E poi, quando l’ululato si farà più compiuto e meno villano potrai sempre riprovarci. Forse non la pecorella ma chi ti ascolta ti avrà in maggior considerazione.

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