Ho letto oggi un articolo sul sito di Salvatore Borsellino scritto dall’avvocato Fabio Repici, intitolato “Adolfo, perdonami, non mi fanno testimoniare”.
E’ iniziato infatti a gennaio il processo contro il Procuratore generale di Messina, Antonio Franco Cassata, imputato per diffamazione a danno del professor Adolfo Parmaliana, commessa attraverso la divulgazione di un dossier anonimo scritto per infamare la memoria di Parmaliana e per evitare la pubblicazione del libro “Io che da morto vi parlo” di Alfio Caruso.
Quel libro, che racchiudeva la storia di Adolfo e i motivi della sua morte, faceva paura a certi signori.
Come faceva paura Adolfo stesso, che anni prima denunciò proprio Cassata al Consiglio Superiore della Magistratura. E faceva talmente tanta paura che cercarono in tutti i modi di abbatterlo, con tutti i mezzi a loro disponibili e che vanno tanto per la maggiore in questi ultimi anni, perché sono mezzi che non fanno scalpore, che non suscitano rabbia e voglia di cambiamento, ma solo sospetto: la denigrazione e la diffamazione. E infatti Parmaliana da denunciante diventò denunciato, da accusatore diventò accusato, finché non ebbe altra scelta che quell’ultimo gesto estremo.
Si suicidò.
Ora tutti penseranno che si è tolto la vita perché non sopportava più il peso di quelle accuse infamanti, perché non riusciva più a vivere con la delusione datagli dalle istituzioni che non l’avevano mai ascoltato, perché era arrivato allo sfinimento fisico, mentale ed emotivo.
Ed anche questa è la verità. Ma la sua morte è stata anche l’ultimo tentativo per arrivare alla verità: infatti Adolfo non si è ucciso a casa sua o nel suo ufficio o nella sua città. Ha preso la sua macchina, ha percorso chilometri e chilometri e si è ucciso appena entrato nel territorio del tribunale di Patti, lasciando dietro di sé una lettera di forte denuncia e un dossier. Sulla sua morte avrebbe indagato la procura di quel distretto e non quella di Barcellona Pozzo di Gotto, città simbolo del patto mafia-antistato. La sua morte sarebbe stata la scintilla per far riaprire le indagini sulle sue denunce. Con la sua morte avrebbe perso una battaglia ma, era sicuro, avrebbe vinto la guerra.
Ora il Procuratore Antonio Franco Cassata, membro del circolo para-massonico barcellonese “Corda Fratres”, frequentato da mafiosi e amici di mafiosi (come riferito in Parlamento dall’onorevole Antonio Di Pietro e dal senatore Giuseppe Lumia), è sotto processo.
E l’unica cosa che mi sento di dire a Fabio Repici, avvocato di alcune delle famiglie migliori che conosco, Salvatore Borsellino, gli Alfano, i Manca, i Campagna, i Parmaliana, è che forse la sua mancata deposizione sarà un’altra battaglia persa, ma è una battaglia di una guerra che alla fine vinceremo.
di Federica Fabbretti
PS: per approfondire la storia del professor Adolfo Parmaliana consiglio la visione di questo breve video prodotto dalla redazione di www.illume.it, che aprì la prima commemorazione della sua scomparsa.