La comunità delle web tv italiane Altra.tv ha appena pubblicato il rapporto Netizen 2012. Il documento indaga lo sviluppo di un mezzo di comunicazione, semplice e diretto, che negli ultimi sei anni ha raggiunto livelli sempre più professionali
La sordina con la quale sembravano essere partite le nuove trasmissioni tv gratuitamente fruibili on-line, infatti, e l’aspetto underground sono durati solo pochi istanti: oggi la web tv è il media di punta per chi voglia fare informazione e non solo. In tutta Italia sono infatti oltre 500 le cyber-antenne: secondo il network Altra.tv, per ogni cittadino esiste in media un canale on-line. Non solo. Altra.tv ha appena pubblicato (il 3 gennaio) il rapporto Netizen 2012 “sulla videopartecipazione dal basso e sulla cittadinanza attiva digitale” secondo il quale, in Italia, dalle 36 web tv del 2003 siamo arrivati alle 590 web tv del 2011.
Altra.tv è il primo osservatorio sulle web tv italiane e sui media locali posizionati in Rete: è stato fondato a Bologna nel 2004 da Giampaolo Colletti. Dal 2010, spiega la stessa Altra.tv, “propone trasmissioni a rete unificata, ovvero dirette video in simultanea su un network composto da oltre 2000 piattaforme web – territoriali, tematiche e di testate giornalistiche – con un totale potenziale di 5 milioni di utenti”. Giampaolo Colletti, nel presentare il rapporto Netizen (Net + Citizen, ovvero i cittadini della rete), ha parlato di “una evoluzione delle web tv italiane che stanno sfruttando tutti i benefici del digitale dialogando sempre meglio con i propri interlocutori”. Nel rapporto, che è il settimo realizzato da Altra.tv, oltre al dato sull’aumento del numero dei videomaker italiani creatori di web tv, elenca anche le differenze tra le varie regioni: in testa si trova il Lazio (con 102 web tv), seguito da Lombardia (85) e Puglia (63). Solo la Basilicata risulta ferma al palo: 9 web-tv, esattamente come nel 2011.
L’indagine approfondisce poi la genesi del fenomeno: all’inizio si trattava di esperimenti indipendenti, a gestione familiare, una sorta di piccoli tentativi casalinghi. Oggi ci troviamo di fronte a esiti se non professionali quasi, con apparecchiature di alto profilo tecnico (il 69% delle web-tv italiane ne è dotato) e con portali aggiornati costantemente (il 53% aggiorna il proprio sito quotidianamente, fino al 2010 lo faceva solo il 39%). Per non parlare degli accessi: il 30% delle web tv ha dai 7000 ai 10.000 contatti unici mensili (lo scorso anno erano soltanto il 20%), mentre il 28% conta addirittura oltre 10.000 contatti unici mensili.
Un successo tale che, a dicembre, per l’edizione 2011 dei Teletopi, gli Oscar delle web tv, Carmen Lasorella, presidente di giuria, ha voluto spronare i vincitori a continuare nel loro lavoro cercando di “professionalizzarsi: perché non basta essere vicini al pubblico, ma è necessario entrare in una logica di servizio”. Tra le web-tv premiate il Teletopo nella categoria miglior micro web tv informativa è andato a Bari Tv; per la migliore web tv di denuncia è andato alla bolognese Crossing tv e per la miglior web tv amarcord è stato assegnato al canale Giovani in rete di Torino. Ma le premiate sono state in tante, tra cui Scrittori tv di Vibo Valentia per la categoria miglior web tv da community.
Importanti e a fare la differenza in rete non solo soltanto le storie che riguardano molto da vicino i fruitori, ma soprattutto i contenuti: “Non ha senso imitare la televisione nazionale generalista – spiega Alessandra Caiulo, di Salento Web Tv – bisogna invece specializzarsi, settorializzarsi, offrire contenuti specifici, magari collegati al territorio di riferimento”. Anche Maria Teresa La Via, di Tele Nicosia, concorda: “Le web tv possono diventare un media competitivo rispetto a tv e siti web solo se offrono servizi e informazione introvabili altrove”. Nella maggior parte dei casi infatti le web tv informano sulla cronaca locale (33%) e denunciano ciò che non va (15%) proponendo contenuti territorializzati e usando, al posto del format tradizionale dell’inchiesta, l’intervista (25%) o rubriche settoriali (16%). “Abbiamo capito – continua La Via – che dobbiamo far fruttare l’immediatezza e la facilità di distribuzione e trasmissione, solo così si possono aumentare i contenuti in live streaming, che oggi arrivano a un +19%”.
Ma come si viene a conoscenza di una web tv e dei suoi programmi? Ovvio, i social network: 8 web tv su 10 sono presenti e attive su Facebook, Twitter e Foursquare, il dio del marketing territoriale, mentre leader indiscusso del videosharing resta Youtube, adottato dal 72% come business partner (l’anno scorso solo dal 60%), anche se sta ormai espandendosi (soprattutto da quando YouTube ha perso il suo status di indipendente) il canale web di videosharing Vimeo, oggi utilizzato da un 11% di utenti. Anche le applicazioni per smartphone e tablets sono ormai adottate dal 40% dei canali (fino al 2010 era solo il 2%).
Tra le tante web tv decollate negli ultimi mesi, la più recente (agli inizi del gennaio di quest’anno) è quella dedicata a Peppino Impastato, il militante di Democrazia proletaria ucciso dalla mafia nel 1978. 100 passi tv, su iniziativa dell’omonima radio, è andata per la prima volta on-line nel giorno del compleanno di Impastato, il 5 gennaio (era nato nel 1948). Un giorno simbolico, come ha ricordato Danilo Sulis, presidente dell’associazione Rete 100 Passi che gestisce radio e tv: “non solo perché è già stato usato per lanciare la radio dedicata a Impastato, ma anche perché quello legato alla nascita è un giorno felice. E le vittime della mafia saranno ricordate così, una per ogni giorno della trasmissione, una per ogni compleanno”.
Interessante anche l’iniziativa di Teletorre 19, la prima web tv in Italia che racconta la quotidianità di un condominio bolognese. Altre filmano la vita nei quartieri, come le romane Tg Talenti e Degradoesquilino.com, diventate punti di riferimento per proteste e proposte dei cittadini, o MontiTv, la prima web tv di rione, incentrata sulle vecchie botteghe artigiane di quartiere.
Anche se on-line le web tv hanno tuttavia dei costi, e il farli quadrare resta un punto importante: i finanziamenti pubblici sono diminuiti, è vero, ma sono aumentati i rapporti commerciali con le piccole e medie imprese. Creando una sorta di effetto rebound che inizia ad attirare anche le grandi concessionarie pubblicitarie. Tanto che ormai l’80% delle web tv intrattiene rapporti di business e realizza video su commissione e pubblicità con pre-roll o banner, mentre diminuiscono le web tv autofinanziate con le risorse degli ideatori. Grazie all’aumento del flusso finanziario anche la professionalizzazione e il team migliorano se non nei numeri (solo il 16% ha più di 10 membri in redazione) almeno nell’equipaggiamento. “Anche tra le web tv ci sono discrete differenze” – spiega Caiulo. Proprio perché è sufficiente una telecamera e un sistema di montaggio video, non tutti i canali propongono contenuti di qualità. Ci vuole un’idea insomma, è quella a fare la differenza. Che si tratti di inchieste e di giornalismo partecipato, che si facciano denunce e scoop, che si faccia politica o che invece si parli di arte e cultura alternative, l’importante è dare voce a realtà che non ne hanno nei media tradizionali. Magari modulando la voce in maniera originale”.