Una serie di eventi fecero sì che nascesse quell'esplosione di malinconia in uno dei brani più amati del cantautore. Sorrento vuole ricordarlo e la sua Bologna si prepara ai funerali che si svolgeranno domenica alle 14.30
Erano ancora gli anni dei dischi in vinile – i primi lettori cd costavano una piccola fortuna – e quando nel 1986 uscì l’album DallAmeriCaruso, spulciando con attenzione tra le note a margine di copertina potevi trovarci i ringraziamenti ad Alfonso Leonelli, il padrone di casa della Scogliera, il bar-rifugio del porto di Marina Piccola. Fu Alfonso che tra un caffè e un whiskey raccontò a Dalla la storia del soggiorno sorrentino di Caruso e dei suoi tormentati amori. Senza rendersi conto che stava gettando il seme che germogliò in un capolavoro.
Chi vi scrive abita in costiera sorrentina e può dirvi senza retorica, avendo accesso a fonti e notizie di prima mano, che Dalla amava Sorrento e si sentiva sorrentino molto più di tanti sorrentini che ci vivono e che tramano per deturparla e seppellirla sotto continue colate di cemento. E non perché vi aveva composto la sua canzone forse più bella, che sarebbe anche banale, aggettivo lontanissimo dalla personalità del cantautore bolognese. Semplicemente, Dalla a Sorrento aveva coltivato amicizie ed esperienze preziose negli anni in cui non era famoso. Amicizie sincere, affettuose, disinteressate. Come quella coi fratelli Iannuzzi, del Fauno. Il night alla moda dell’epoca, in piazza Tasso, dove quasi cinquanta anni fa lo sconosciutissimo Dalla iniziava a dare sfoggio del suo indiscutibile talento. Uno dei suoi primi ingaggi. Dalla non lo ha mai dimenticato. Ogni volta che tornava qui, andava a trovarli. E rinnovava il suo amore per la città del Tasso. Esplorandola in motorino. Passeggiando per le viuzze del centro storico. Acquistando gli intarsi delle botteghe dei migliori artigiani. Frequentando i ristoranti più rinomati e le bettole più caratteristiche. Ammirandone le caratteristiche processioni del Venerdì Santo.
All’appuntamento con la cerimonia di conferimento della cittadinanza onoraria di Sorrento, Lucio Dalla non sapeva come vestirsi e chiese consiglio a un’amica sorrentina dai capelli rossi. Lei gli suggerì di indossare quel che si sentiva, senza darsi troppo pensiero. Era una giornata di giugno del 1997 e Dalla scelse per l’occasione i bermuda e una camicia floreale. Un bellissimo pugno di colore nell’occhio dei politici locali che di solito andavano in consiglio comunale coi maglioni slabbrati e che invece per quell’evento sfoggiavano completi scuri e cravatte nonostante il caldo. Il sindaco dell’epoca aveva agghindato a festa il Chiostro di San Francesco, per un pomeriggio, eccezionalmente, trasformato in sede del parlamentino cittadino. La delibera fu ovviamente approvata all’unanimità dopo qualche breve discorso di circostanza. Dalla si infilò nel pubblico. E al momento del voto, per alzata di mano, la alzò scherzosamente anche lui. Qualche ora dopo sarebbe stato di nuovo in barca, a Marina Piccola. In quell’approdo che ora il Comune di Sorrento vuole intitolargli. Per ricordare come e perché nacque una delle più belle canzoni della storia della musica italiana.
Sorrento lo ricorderà. Bologna, con il cuore in frantumi, si prepara ai funerali. Nel pomeriggio la salma di Lucio Dalla arriverà a casa. Domani mattina, a Palazzo d’Accursio, la sede del Comune, verrà allestita nel cortile interno la camera ardente. I funerali, invece, verranno celebrati domenica, alle 14.30, nella basilica di San Petronio. Quel giorno Lucio avrebbe compiuto 69 anni.