Per chi si fosse perso il monologo di Ascanio Celestini nella puntata di “The show must go off” di sabato 25 Febbraio, vale la pena di andare a vederselo.
Celestini, con la consueta lingua tagliente, ha fatto alcune considerazioni allegoriche pesanti circa le condizioni della democrazia nazionale e i rapporti tra produttori e detentori di ricchezza; ha pronunciato parole grosse, come “ventennio”, guerra civile, rivoluzione; un po’ sopra le righe, ma esprimendo concetti che si possono relazionare, parafrasando, alla realtà che giorno per giorno, sempre più tristemente, vediamo concretizzarsi.
Ha parlato di guerra tra finanza e cittadini, in cui i secondi non saprebbero di essere e che pertanto, non combattendo, perderanno; trovo che questa, che definirei “incoscienza”, nel senso di “non coscienza”, sia la parte più grave della situazione che stiamo vivendo; infatti la grande finanza la guerra la sta davvero facendo, con risultati per essa molto buoni; intendiamoci: è una guerra non canonica, senza armi convenzionali, ma con altre armi potentissime che nessuno pensa neppure lontanamente di bandire anche se possono causare disgrazie maggiori di quelle convenzionali. La Finanza può concentrare il suo fuoco di vendite allo scoperto su una azienda anche grande e ridurre il suo valore azionario in briciole; può fare lo stesso con titoli di stati (una volta) sovrani e creare le condizioni per un ricatto che si può esprimere con : “create il terreno per l’eliminazione del welfare oppure vi sarà tagliato l’accesso alla liquidità necessaria per far fronte all’immediato”. Tutto questo non è molto diverso dal: “siete circondati, arrendetevi oppure sarete tutti uccisi”, intimato con le armi alla mano. E il farlo dopo avere generato il panico a colpi di Moody’s suona non molto dissimile dal concetto di “primo colpo” nell’iniziare una guerra convenzionale.
Celestini prevede ironicamente (o sarcasticamente?), che arriveremo alla guerra civile, non avendo abbastanza coscienza di classe per una rivoluzione; può sembrare una estremizzazione provocatoria troppo audace e forse lo è; ma se alcune categorie escono dalle manovre governative quasi intonse e altre non hanno più occhi per piangere, i presupposti per qualcosa di disastroso ci sarebbero tutti.
Vogliamo guardare con un po’ di realismo a come si sono sviluppati gli eventi negli ultimi 4 anni, in un’ottica nazionale e anche globale?
Vogliamo dire che le banche e i gruppi finanziari, responsabili dell’innesco della crisi sono stati quasi tutti salvati con i soldi dei contribuenti? Che al di là di roboanti dichiarazioni, non sono state prese misure per arginare le pratiche speculative? Che le stesse banche beneficiano oggi di credito agevolato (1%) dalla banca Centrale Europea che invece è impedita dal finanziare gli stati (ex) sovrani? Che le stesse banche rifinanziano gli stati agli interessi del mercato dei bonds con utili interessanti? Che per pagare gli interessi sui propri bonds gli stati (già) sovrani fanno “manovre” economiche basate sui sacrifici dei cittadini?
E per venire alla nostra nazione, vogliamo comparare i sacrifici imposti per decreto ai lavoratori dipendenti (pensioni e, a venire, lavoro) con quelli richiesti a taxisti, farmacisti , banche e altre categorie? Per tornare alla teoria di Celestini, i taxisti e i farmacisti che di guerra si trattava l’hanno capito subito; i taxisti hanno circondato Forte Apache, pardon, Palazzo Chigi, assediandolo per due giorni, tirando anche una bomba carta (arma convenzionale rudimentale, ma di effetto); i farmacisti hanno minacciato una serrata e soprattutto utilizzato i propri poteri lobbistici; entrambe le categorie hanno ottenuto di non essere toccate, se non con una piuma e i taxisti di questo ringraziano pubblicamente Gasparri.
Nessuno vuole una guerra civile, ma è certo che sembrerebbero quasi esserci venefici sforzi per crearne le condizioni.
Allora, per prevenirla e sfatare le previsioni di Celestini, sarebbe opportuno prendere atto che la guerra, seppur strisciante, c’è e combatterla finché si può farlo con armi non convenzionali.
All’inizio degli anni 60, Martin Luther King ideò e attuò una forma di protesta civile consistente, per la comunità nera di Montgomery, nel non utilizzare gli autobus, sui quali vigeva l’apartheid; i cittadini neri si sobbarcarono per mesi lunghe camminate e alla fine vinsero, perché la compagnia degli autobus (di proprietà di bianchi) era sull’orlo del fallimento.
Sarebbe praticabile che tutti i lavoratori dipendenti e i pensionati, con i loro familiari, rinunciassero a oltranza a servirsi delle auto, causando così un crollo delle vendite di carburante e delle relative enormi accise? Con molto sacrificio, fatto solidalmente e senza arretrare, si potrebbero creare le condizioni per un tavolo serio in cui discutere di come distribuire i sacrifici e poi fantasticare d’altro che non di guerre civili e rivoluzioni?
E, soprattutto, chi e come dovrebbe promuovere il risveglio civile?
E, infine, per la guerra internazionale, quella finanziaria, quando cominceremo a combatterla anziché adeguarsi ai diktat del nemico? E poi, riferendosi al “ventennio” di cui parlava Celestini, ci vorrebbero delle elezioni? Sempre dicendolo sottovoce, per non disturbare il conducente.