Secondo l'accusa, i tre si facevano pagare più di mille euro per far risultare superate, nel sistema informatico dell'Ateneo, prove mai sostenute o voti più alti. Un'impiegata aveva già ammesso le proprie responsabilità. Il rettore Lagalla: "Collaboriamo con la Procura"
La Procura di Palermo ha rilevato, dalla verifica incrociata della documentazione, in particolare dei verbali di esame, dei libretti e dell’archivio informatico, notevoli divergenze di dati. In alcuni casi, nonostante il sistema informatico certificasse che lo studente nella data indicata aveva superato un determinato esame, sui documenti cartacei lo stesso giovane non figurava nemmeno tra i candidati iscritti all’appello. Altre volte, in corrispondenza della data nella quale era stato acquisito il voto, non si erano tenuti appelli in facoltà e in altri casi la votazione cartacea era diversa da quella riportata nel dato informatico. La Facoltà maggiormente coinvolta era risultata quella di Economia e commercio, ma sono stati riscontrati falsi esami anche in quelle di Architettura, Giurisprudenza e Ingegneria.
Secondo le prove raccolte, il fenomeno era di ampie dimensioni: sono stati rilevati oltre 200 casi di false attribuzioni in un arco temporale di diversi anni. Ed era previsto un vero e proprio tariffario: mille euro per un esame ad Economia, qualcosa in più per quelli delle facoltà di Architettura e Ingegneria. Ora sono in corso ulteriori approfondimenti anche per accertare eventuali connivenze negli uffici amministrativi dell’Ateneo. Il rettore Roberto Lagalla ha promesso pieno appoggio alle indagini. “Prendiamo atto delle iniziative assunte dalla Procura – ha detto riferendosi agli arresti – alla quale noi stessi abbiamo rimesso le carte a settembre del 2010 appena acquisiti elementi di rilevanza penale, adottando contestualmente provvedimenti disciplinari nei confronti degli stessi dipendenti che oggi sono destinatari delle misure cautelari”.
Ed era stato proprio l’Ateneo il primo a prendere provvedimenti quando, a settembre 2010, Rosalba Valpolicelli aveva ammesso di avere caricato irregolarmente alcuni esami. In quel caso la donna fu licenziata, mentre i due uomini, per i quali adesso è scattato l’arresto, furono sospesi da servizio e retribuzione per due mesi per poi essere reintegrati in altre funzioni, fuori dalle segreterie e senza uso di password.