Vent’anni fa il giudice Edo Gari – del quale mi onoro di essere stato amico – fu il primo magistrato catanese a sentenziare ufficialmente che Giuseppe Fava era stato assassinato dalla mafia per il suo impegno giornalistico contro i poteri della città. Gari non riuscì ad andare oltre l'”omicidio ad opera di ignoti”, ma ebbe la dignità e il coraggio – che mancarono alla maggior parte dei magistrati catanesi – di spezzare il cerchio della calunnia e dell’omertà.

A quel tempo, non solo imprenditori in rapporto con mafiosi come Ciancio e giornalisti depistatori come Zermo ma anche “intellettuali” colonne dell’università negavano la matrice mafiosa dell’assassinio, o sulle colonne de “La Sicilia” o con appositi libri (La mafia di carta di Tino Vittorio).
Gli ultimi anni di Edo Gari sono stati amareggiati da traversìe, non sue ma di persone a lui care.
Io lo ricordo con gratitudine, amico di tempi difficili, valido difensore – quando tutti tacevano – della giustizia e della verità.

(ANSA) – Catania, 4 marzo – E’ morto questa mattina, per un infarto al miocardio, il presidente aggiunto dei Gip di catania, Edoardo Gari, 72 anni, che per 40 anni è stato in prima linea nell’attività giudiziaria nel capoluogo etneo. Attualmente stava presiedendo i riti alternativi del processo antimafia Iblis, su presunti rapporti tra Cosa nostra, imprenditoria e politica.
Nella sua lunga attività da magistrato aveva commesso certamente una disattenzione: nell’ottobre dello scorso anno nove presunti affiliati alla cosca mafiosa Scalisi di Adrano, collegata al clan catanese Laudani, erano stati scarcerati per decorrenza dei termini: condannati in primo grado il 21 giugno 2010 a pene comprese tra 3 anni e 4 mesi e 8 anni e otto mesi, per mafia, un’estorsione e detenzione di armi, il Gup Edoardo Gari, che li aveva giudicati con il rito abbreviato, non aveva depositato le motivazioni della sentenza.
‘La scarcerazione di questi imputati – ammise Gari – è da addebitare a una mia mancanza. E mi brucia moltissimo. Ma c’è un problema di sostenibilità di lavoro, miracoli non ne possiamo fare e io alterno disperazione a serenità assoluta. E’ stata una defaillance, ma la prima in quarant’anni di carriera’.

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