Una volta inserito il vostro “Né uomini né ragazzi” nello stereo, su cosa pensi rifletteranno gli ascoltatori?
Diceva bene Rocco il nostro bassista: questo disco non è partito dall’idea ambiziosa del concept, ma è finito per diventarlo. Se dunque è un disco guidato da una sottile linea questa sarebbe bianca come la normalità. Di essa in questo mondo ce n’è bisogno. Non è facile però trovarla, nonostante la si desideri. Penso che chi ascolta potrebbe riflettere sui propri desideri. Essere rivolti al proprio passato non è un bene per nessuno, ancorché tante volte risulti inevitabile.
Quale credete sia il vostro pregio? Quali sono le vostre ambizioni?
Il nostro pregio è fare ancora canzoni, dove l’ascolto è semplice, nonostante parti travagliati e sottili complessità sullo sfondo. La fluidità deve governare. L’ascolto è tutelato senza prepotenza e angherie. Le nostre ambizioni sono sempre più speranze dopo quasi 12 anni di musica insieme. Il nostro massimo auspicio è arrivare a un numero elevato di persone, dove ‘arrivare’ significa entrare nella sfera emotiva di chi ci ascolta.
Quanto tempo dedicate alla musica nelle vostre giornate?
Quanto il lavoro ce lo consente. Nel cervello, però, le note continuano a viaggiare libere in ogni momento.
Hai seguito il Festival di SanRemo? Cosa ne pensi della vittoria di Emma? Credi che insieme con i reality possa essere per voi un buon trampolino di lancio?
Fondamentalmente i contest televisivi, specie quelli degli ultimi tempi, non credo abbiano influenzato la musica. Credo che sia una buona invenzione per le grandi produzioni al fine di non incorrere in flop straordinari. Io personalmente non ho seguito Sanremo. Qualcosa però è inevitabilmente giunto alle mie orecchie non senza qualche piccolo fastidio. Emma che ha trionfato al Festival è sicuramente una ragazza che canta bene e che crede in ciò che le viene proposto di fare. Nuovamente però, da quanto ho capito, ha vinto un brano con una retorica da quinta elementare a sfondo sociale: uno dei due tipi di brani che si possono portare a Sanremo. L’altro è la canzone d’amore. Credo che se ci si presentasse l’occasione parteciperemmo a una manifestazione come quella, quantomeno per rinfrescare un poco quell’aria imbalsamata che si respira. Senz’altro dà molta visibilità. Una canzone però non basta a se stessa.
Quanto credete conti il look?
Dal mio punto di vista non conta nulla. Rispondo che francamente l’abito non fa il monaco. Non ci piace far carnevalate, ma essere uguali identici a noi. Dopo di che avere cura di se stessi è cosa saggia, ma sto parlando del corpo, non dei vestiti o della pettinatura.
Che rapporto avete con la tecnologia? E internet?
Già da qualche anno abbiamo imparato ad apprezzarne le potenzialità. Io personalmente inizialmente tendevo a rifiutare le possibilità che mi venivano offerte. Oggi è più facile comunicare, ma è eccessiva la quantità delle informazioni.
C’è un disco che vi ha segnato artisticamente?
Parlo per me: Either/or di Elliott Smith. È il primo che mi è venuto in mente. Ce ne sarebbero tantissimi da citare.
Come state promuovendo il vostro disco?
Per il momento attraverso quanto di buono (tanto) è uscito e uscirà dalle tastiere di chi si occupa di musica. Indiemeno si occuperà di portarci in giro per monti e mari, il più a largo possibile.