Siamo stati a Canossa. E siamo stati bene. E ancora meglio ci sentiamo ora. Perché per una volta la politica ha ascoltato e ha fatto proprie le osservazioni, le critiche, le proposte e le soluzioni che riguardano la promozione della legalità nel nostro Paese. Non in termini astratti, ma concretissimi: sotto il profilo politico, culturale ed economico. La politica di partito, guardata con sospetto dal 96% dei cittadini italiani, deve cambiare. E può cambiare solo ripartendo, con coraggio e determinazione, dalla devastante situazione in cui versa l’offerta politica e amministrativa del nostro Paese – il Paese più corrotto d’Europa, e forse dell’Occidente, come ripetono tutti, neanche fosse una giaculatoria.
Queste sono le cose che deve fare chi si candida a governare il Paese. E noi su questo non faremo sconti e andremo fino in fondo. Perché non è più il caso di adottare formule di circostanza, sempre più imbarazzate e incerte: è necessario dotarsi degli strumenti legislativi perché sia assicurata, in ogni momento, la massima trasparenza a chi lavora e paga le tasse. A chi si aspetta che la politica sia molto migliore di quella che è stata, negli ultimi anni, in Italia.
Per farlo, ci vuole una classe politica che assuma l’impegno di darsi una misura precisa, per quanto riguarda il tempo, lo status, le risorse e, quindi, la concezione del potere a cui intende ispirarsi. Che sappia dire basta, prima di tutto a se stessa, e che sappia prendersi cura delle cose che fa, senza farsi gli affari che non le competono.
La nostra, nei confronti del Pd e del centrosinistra, non è più una richiesta: è una condizione. Espressa nei termini gentili di chi avanza proposte e soluzioni e crede però che non sia più il tempo delle chiacchiere, ma delle misure e degli impegni. Che le cose che si dicono, poi, si debbano anche fare. E che ci si debba confrontare con tutti e soprattutto con chi esprime un punto di vista molto articolato e autorevole (non so da quanto tempo Marco Travaglio non era invitato a confrontarsi con esponenti politici istituzionali: e gli applausi con cui è stato salutato il suo intervento ci dicono che forse il pregiudizio dovrebbe finalmente lasciare spazio al dibattito, libero e aperto). (Qui il video integrale dell’incontro di Canossa).
La corruzione vale qualche punto di Pil (c’è chi dice che i punti di Pil siano addirittura cinque) e squalifica il nostro Paese e tiene lontani gli investitori molto più di quanto non facciano altri indicatori. E prima dell’art.18 e del suo superamento, dovremmo parlare dell’art. 54 della Costituzione, che prevede disciplina e onore da parte di chi amministra la cosa pubblica. A cui è richiesto un sovrappiù di trasparenza e onestà, non il sovrammeno a cui siamo abituati da sempre.
La politica per anni ha fatto finta di niente: per quanto riguarda il contrasto della corruzione, non ha recepito quanto veniva dall’Europa (nonostante il tormentone del “ce lo chiede l’Europa” a cui sembrano appellarsi tutti quanti), non ha indagato politicamente i casi giudiziari, limitandosi a commentarli, come se si trattasse di fenomeni naturali che riguardavano territori lontani. Non ha stigmatizzato a sufficienza comportamenti sbagliati, ha assecondato la formazione di gruppi di potere e di cricche, non ha valutato le misure da prendere per rendere effettive le condanne dei corrotti e dei corruttori. E, aspettando la pensione di molti (che in alcuni casi già la percepiscono) per intervenire sui vitalizi, si è scandalizzata per i rimborsi elettorali solo con il caso Lusi.
Come se i protagonisti di oggi, ieri non ci fossero. E invece c’erano, eccome se c’erano. Eppure, ieri lo abbiamo sentito ripetere da tutti i relatori, cambiare si può. Ora si deve capire chi lo vorrà fare davvero (qui il “protocollo di Canossa” dal sito prossimaitalia.it).
di Giuseppe Civati
Consigliere regionale del Pd in Lombardia