Trasferiti in carcere, a Trivandrum, ma ancora in stato di fermo, per altre due settimane, e non in arresto. Questa la decisione del giudice di Kollam, nello stato indiano del Kerala, per il caso dei due fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, accusati dell’omicidio di due pescatori indiani, la cui imbarcazione sarebbe stata scambiata per una nave pirata, il 15 febbraio scorso.Una decisione che l’Italia considera “inaccettabile“, aggiungendo che sarà fatto “ogni sforzo per reperire prontamente strutture e condizioni di permanenza idonee” per i due militari.
Il verdetto in ogni caso non è stato una sorpresa, visto che erano scaduti ieri i termini del primo fermo deciso dalle autorità giudiziarie indiane e che la vicenda è ancora lontana da una possibile conclusione. La custodia giudiziale può essere prolungata per un massimo di tre mesi, dopo i quali si può chiedere la libertà su cauzione. Nella sua decisione, il giudice ha dato facoltà alla direzione generale delle prigioni di disporre per i due marò italiani un regime detentivo diverso da quello dei detenuti comuni, in considerazione del loro status come soldati di uno stato estero che erano in missione antipirateria. Una richiesta in questo senso era stata presentata sia dalla difesa dei due marò che dal console generale italiano Giampaolo Cutillo che sta seguendo il caso da vicino.
Il giudice, quindi, ha mediato tra le richieste del primo ministro del Kerala, Oommen Chandy, che aveva invitato a non usare alcun riguardo verso i due militari, secondo lui “inchiodati da prove inconfutabili”, e quelle della difesa e dei diplomatici italiani, in considerazione del fatto che l’Alta corte del Kerala deve ancora pronunciarsi sulla competenza del caso, visto che – a prescindere da altre considerazioni – India e Italia sono d’accordo sul fatto che l’incidente costato la vita ai due pescatori è avvenuto in acque internazionali.
Ieri sera il sottosegretario agli esteri Staffan De Mistura – in visita a Kollam – aveva ribadito che l’Italia ha piena fiducia nella magistratura indiana e aveva giudicato “trasparente” la procedura per l’esame balistico, da cui i difensori dei due marò si aspettano elementi nuovi per rafforzare la tesi secondo cui non sono stati i fucilieri a bordo della Enrica Lexie a sparare al peschereccio.
Un piccolo intoppo, sul piano dell’immagine, c’è stato sempre ieri quando le famiglie dei due pescatori uccisi hanno deciso di non incontrare De Mistura, che voleva invece presentare le condoglianze da parte dell’Italia, a prescindere da qualsiasi considerazione sulla responsabilità dei due marò. L’incontro sarebbe dovuto avvenire durante la messa domenicale nella parrocchia di Thankassery, a Kollam, nonostante le autorità indiane l’avessero sconsigliato per «questioni di sicurezza». Le famiglie di Justine Valentine (45 anni) e Ajeesh Binki (25), i due pescatori uccisi, entrambi della locale comunità cristiana, hanno comunque deciso di evitare un incontro che, secondo quanto scrive il Times of India, avrebbe potuto essere “controproducente”.
In attesa dell’esito delle perizie balistiche e della decisione dell’Alta corte del Kerala sul ricorso italiano, si tratta adesso di garantire ai due soldati un trattamento carcerario adeguato e su questo punto si stanno concentrando gli sforzi delle autorità diplomatiche italiane. Le posizioni dei due paesi, per le questioni di diritto sono ormai chiarite, e nella sostanza ciascuno vuole applicare il proprio diritto nazionale sulla base dello stesso principio di estensione della propria legislazione al “territorio galleggiante” costituito dalle navi. Non rimane, per il momento, che aspettare: gli esami sulla scatola nera dell’Enrica Lexie, dove apparentemente i dati relativi al giorno dell’incidente sono stati cancellati, forse in automatico; la decisione dell’Alta corte del Kerala sulla competenza della polizia indiana; l’esito delle perizie balistiche, a cui hanno partecipato come osservatori anche esperti italiani. Man mano che queste informazioni nuove arriveranno si potrà capire con certezza cosa è successo il 15 febbraio e poi capire se e dove i due marò dovranno essere processati o se invece saranno semplicemente rimessi in libertà.
di Joseph Zarlingo