Tutti contro Marchionne e aperture al governo Monti, ma con molti distinguo. A cominciare dalla Fiom, secondo cui il presidente del consiglio resta “un nemico dei lavoratori”. Parte così la manifestazione della Cgil di fronte ai cancelli della Magneti Marelli di Bologna, azienda del gruppo Fiat da cui sono state espulse le rsu del sindacato di Landini, non più riconosciuto dopo gli accordi separati entrati in vigore a partire da quest’anno. Una manifestazione che è anche un grido di dolore davanti al luogo simbolo della cacciata della Fiom dalle fabbriche Fiat, e infatti in prima fila ci sono proprio le rsu che solo poche settimane fa abbandonarono lo stabilimento in lacrime, e che ora fanno le proprie assemblee in un mini container fuori dai cancelli.
Nei discorsi tra lavoratori e delegati le differenze tra metalmeccanici e le altre categorie della Cgil si sentono, a cominciare proprio dal giudizio al governo tecnico dei professori. “Di classe e dalla parte dei padroni”, per i metalmeccanici, “con apprezzabili differenze rispetto a Berlusconi” per molti altri attivisti Cgil. Eppure queste differenze che si trascinano da tempo – e infatti venerdì 9 a fare sciopero generale ci sarà solo la Fiom, non tutta la Cgil – non hanno impedito a centinaia di tesserati, delegati e semplici simpatizzanti di arrivare da tutta la regione per dare la loro solidarietà ai “compagni della Marelli che sono stati cacciati dalla loro fabbrica” da Marchionne, quello che da tutti è considerato ormai il nemico numero uno. “Buttare la Fiom fuori dai luoghi di lavoro è un attacco alla libertà, alla democrazia e alla costituzione”, spiega dal palco Bruno Papignani, segretario bolognese della Fiom. “Marchionne minaccia i lavoratori e anche i politici, e sono proprio i politici ad avere paura e a chinare la testa. Noi – arringa Vincenzo Scudiere della segreteria nazionale Cgil – di paura non ne abbiamo”. Da Scudiere arriva l’attacco più forte: “Marchionne con i suoi ricatti ci ricorda una persona nata da queste parti, una persona che amava ripetere che chi non era con lui era contro di lui”. Se non è un’accusa di fascismo poco ci manca.
Vincenzo Colla, segretario della Cgil Emilia-Romagna, chiede “un cordone democratico che si stringa attorno alla Fiom e alla Cgil”. Tra il pubblico si intravede qualche politico. C’è l’assessore del Comune di Bologna Malagoli, l’ex segretario del Pd bolognese De Maria e il consigliere regionale di Sinistra e Libertà Gin Guido Naldi. Poi arriva l’elenco delle richieste al governo Monti, da ammortizzatori sociali universali “che non creino lavoratori di serie B”, all’eliminazione di tutti quei contratti che “hanno rovinato ormai due generazioni di lavoratori, senza diritti e senza futuro”, fino alla difesa dell’articolo 18, “presidio di civiltà senza il quale la diga che difende il lavoro non potrà reggere”. Se non ci sono i soldi la soluzione per la Cgil è immediata: “Monti deve avere il coraggio di fare qualcosa di sinistra, faccia la patrimoniale, tassi i ricchi”. E qui parte l’applauso più forte, prima che l’ultimo intervento di Giorgio Airaudo, numero uno dei metalmeccanici Fiom torinesi, chiami più volte in causa il governo. “
“Vogliamo che la politica si esprima sull’esclusione della Fiom dalle fabbriche Fiat. E’ una questione di democrazia e di libertà. Marchionne – continua Airaudo – prima dice di volere chiudere due stabilimenti in Italia e poi nega. La verità è che la sua è una strategia della tensione per intimidire tutti, istituzioni e sindacato”. Poi la chiusura: “Rientreremo in fabbrica con diritto e giustizia, e ci rientreremo assieme a tutti i lavoratori”. Applauso. Dalle casse parte “Bella ciao”, tutti tornano al lavoro per il turno del pomeriggio.