Quattro anni e 2 mesi di detenzione per l’ormai ex don Andrea Agostini, nato 72 anni fa a Verona. È questa la condanna che la Corte d’Appello di Bologna ha inflitto al sacerdote di una parrocchia nel ferrarese accusato e riconosciuto colpevole di aver abusato tra il 2003 e il 2005 di 10 minori tra i 3 e i 6 anni che frequentavano l’asilo gestito dal religioso. Rispetto alla sentenza del tribunale di Ferrara, che risale all’aprile 2008, il prete si è visto scontare 2 anni e 8 mesi perché tra i reati non c’è più il palpeggiamento di due insegnanti, dato che secondo la corte la querela sarebbe stata tardiva.
Al termine della sua requisitoria, a fine febbraio, il procuratore generale Miranda Bambace aveva chiesto la conferma della prima sentenza a 6 anni e 10 mesi mentre per l’avvocato della difesa, Giuseppe Coliva, il sacerdote andava assolto perché innocente, come si è sempre proclamato. Malgrado la riduzione della condanna, si tratta comunque di una “conferma delle responsabilità di don Agostini”, ha commentato a caldo uno dei legali di parte civile, Carlo Bergamasco, sostituito in udienza dal collega Simone Tritone. “Ora aspetto di leggere le motivazioni della sentenza”, ha aggiunto. Motivazioni che giungeranno entro 90 giorni e che anche per Claudia Colombo, altro avvocato delle giovanissime vittime, spiegheranno più nel dettaglio la pena più mite. “La sentenza mi rende comunque molto contenta. La difesa ha annunciato il ricorso in Cassazione e noi rispondiamo che resisteremo anche in quella sede”.
Quella di don Agostini – la cui identità venne svelata solo nel 2010 da un’inchiesta giornalistica – è una storia che prosegue da anni. Era l’aprile 2008 quando in primo grado il sacerdote era stato condannato a 6 anni e 10 mesi di reclusione (una pena più elevata di quanto richiesto dal pubblico ministero Filippo Di Benedetto), oltre al pagamento di una provvisionale esecutiva di 28 mila euro e delle spese processuali. La vicenda era stata denunciata nel 2005 da un’educatrice e aveva portato a ricostruire una serie di carezze fuori luogo, palpeggiamenti nelle parti intime e baci sulle labbra nei confronti dei minori che frequentavano la struttura.
Anche due maestre avrebbero subito le attenzioni del sacerdote e un anno prima dell’avvio ufficiale dell’inchiesta avevano informato le autorità religiose di quanto stava avvenendo. Dopo però avevano perso il lavoro, che riottennero all’inizio del successivo anno scolastico, quando venne assunta anche la dirigente che poi, resasi conto di quanto stava avvenendo, informò i genitori e denunciò quanto avvenuto ai carabinieri di Ferrara.
In merito all’atteggiamento della curia di Bologna, da cui la parrocchia di don Agostini dipendeva, le motivazioni della sentenza di primo grado parlavano del “silenzio dei vertici ecclesiastici. La loro ritrosia a mettere sul tappeto le notizie sulle accuse che già da tempo circolavano sul conto [di don Agostini] equivale a implicita ammissione di conoscenza di quei fatti da parte delle gerarchie e consente di leggere tutta la vicenda come un tentativo di evitare uno scandalo che si considerava inevitabile perché fondato su fatti inoppugnabili”. Un “muro di gomma”, si legge in un passaggio, a cui non sarebbe stato estraneo nemmeno il vescovo ausiliario, monsignor Ernesto Vecchi, per evitare che la vicenda diventasse di dominio pubblico.
Giunta la condanna in primo grado, i legali del sacerdote avevano presentato appello. Ma intanto si era mossa anche la giustizia ecclesiastica, per quanto in ritardo, era stata la critica sollevata dalla Rete Laica di Bologna. All’inizio don Agostini era stato sospeso a titolo cautelativo dalle funzioni sacerdotali e solo nel dicembre 2008, 8 mesi dopo la sentenza del tribunale di Ferrara, era iniziato il processo canonico. Il sacerdote così è stato ridotto allo stato laicale dopo essere stato trasferito nel santuario della Beata Vergine di San Luca, dove gli è stato notificato l’atto di citazione per il giudizio d’appello.
In queste settimane tutto è stato ricostruito di nuovo di fronte alla Corte d’Appello di Bologna, presieduta dal giudice Alberto Pederiali, che ha preso in considerazione una seconda volta le deposizioni della dirigente scolastica, del personale didattico e ausiliario dell’asilo e dei genitori delle vittime. E si è giunti alla nuova sentenza di colpevolezza in attesa che si definisca anche la questione del versamento della provvisionale, non pagata alle vittime dall’ex prete perché nullatenente, e del risarcimento del danno, che avverrà solo dopo il pronunciamento in Cassazione.