Le operazioni di salvataggio europee cominciano a costare care a Berlino, per gli impegni della sua banca centrale nei conti ora c'è un buco di 1,5 miliardi
Agli occhi di Weidmann, i maxi-prestiti alle banche concessi dalla Bce a condizioni “molto generose” minano tutti i principi della cultura tedesca della stabilità, a partire dalla priorità della lotta all’inflazione che è stata ripresa praticamente tal quale nello statuto della Bce dallo statuto della Bundesbank (come Weidmann ha ricordato nella recente lettera in cui il presidente della BuBa criticava la strada imboccata da Draghi). E succede che la Germania inizia a sentire sul proprio bilancio gli effetti delle operazioni di salvataggio orchestrate col sostegno della Bce. La Bundesbank verserà infatti nelle casse dello Stato federale meno della metà di quanto stimato da Schäuble, che si ritrova pertanto con un “buco” di circa 1,5 miliardi di euro. La banca centrale tedesca ha aumentato gli accantonamenti per i rischi legati ai salvataggi nell’Eurozona, con l’effetto che nel 2011 i suoi utili sarebbero crollati ai minimi degli ultimi sette anni: 700 milioni, al posto dei 2,5 miliardi attesi dal ministro. Dati che rischiano di rendere ancora più nervosa una politica tedesca già in fibrillazione per la perdita della maggioranza assoluta al Bundestag da parte della coalizione di Merkel nell’ultima votazione sugli ulteriori aiuti alla Grecia.
Il prossimo voto è già dietro l’angolo: mercoledì mattina il consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge sul fiscal compact fortemente voluto da Berlino. Tanto al Bundestag, quanto al Bundesrat la cancelliera avrà bisogno di una maggioranza dei due terzi, per cui non potrà fare a meno dell’appoggio dell’opposizione. Socialdemocratici e Verdi si dicono pronti a votare a favore del “Fiskalpakt”, ma stanno pensando di legare questo loro sì a una condizione ben precisa: la cancelliera dovrebbe impegnarsi per lanciare una Tobin Tax a livello europeo. Su questo punto la Merkel rischia: i suoi alleati del partito liberale sono infatti contrari alla tassa sulle transazioni finanziarie. «Il governo non farà mercanteggiamenti politici», assicura il ministro liberale degli Esteri Guido Westerwelle. Sarà, ma sullo sfondo sembra profilarsi l’ennesima grana per la Bundeskanzlerin. La quale è sempre più stretta tra il pressing dei partner internazionali e quello dei suoi alleati della Fdp: lo dimostra il fatto che, dopo le aperture dei giorni scorsi, mercoledì sarebbe tornata a escludere, davanti i deputati della sua Cdu, l’idea di un rafforzamento del fondo salva-Stati ESM, indicando come tetto invalicabile la somma dei 500 miliardi di euro.
Nel frattempo Frau Merkel continua a seguire in posizione defilata la partita che si gioca a Francoforte tra i rappresentanti del rigorismo tedesco e “il resto del mondo”. Le iniezioni di liquidità della Bce sono “misure temporanee”, si è limitata a spiegare martedì, come a voler frenare i timori di Weidmann. Ben più netto è stato il suo collega di partito e presidente del Bundestag, Norbert Lammert, che ha difeso apertamente l’operato della Bce dalle critiche arrivate dalla BuBa e da una parte della maggioranza, ad esempio dal capogruppo dei liberali Rainer Brüderle, che aveva invitato a non trasformare la Bce in una “stamperia centrale” di denaro. La Banca centrale euroepa, ha detto Lammert al settimanale Die Zeit, «è indipendente, né i governi, né i parlamenti dovrebbero maturare l’ambizione di limitare i suoi margini di azione. Non si possono assegnare delle competenze a determinate istituzioni e sollevare in seguito la domanda se queste possano esercitarle».