Il maggiore partito di governo dell’India, il partito del Congresso, è stato pesantemente sconfitto nelle elezioni dell’Assemblea legislativa che si sono concluse ieri in cinque stati, l’Uttar Pradesh, il Panjab, l’Uttarakhand, Manipur e Goa. Particolarmente significativa la sconfitta nello stato settentrionale dell’Uttar Pradesh, il più popoloso del subcontinente indiano con quasi 200 milioni di persone, tradizionalmente roccaforte della famiglia Gandhi. L’Uttar Pradesh ha visto la schiacciante vittoria, con 226 seggi su 403, del Samajwadi Party, che rappresenta le “Other Backward Class”, cioè le classi svantaggiate non riconosciute legalmente fra le Scheduled Tribe e le Scheduled Caste, e i musulmani.
Il Samajwadi Party, che si definisce un partito democratico socialista, ha governato lo stato già tre volte e ha sconfitto anche il partito al governo del Bahujan Samaj Party (BSP), risultato secondo con 80 seggi, travolto dalle accuse di corruzione. A niente è valso che il primo ministro del BSP, l’icona dei Dalit Mayawati, alla vigilia delle elezioni – tenute in sette fasi a cominciare dall’8 febbraio – abbia deposto i suoi ministri in un tentativo di ripulire l’immagine del suo governo. Il Bharatiya Janata Party, il partito conservatore che è il secondo partito in India, ha ottenuto 47 seggi. ll partito del Congresso solo 38 e gli altri partiti insieme 12.
Il Congresso ha ottenuto una larga maggioranza solo nell’estremo stato nordorientale di Manipur con 42 seggi. L’All India Trinamool Congress (TMC), il secondo maggiore partito della coalizione dell’Alleanza Progressista Unita che guida il governo centrale, ha ottenuto 7 seggi e l’insieme degli altri partiti minori 11. Il Congresso ha vinto anche, ma di stretta misura, nello stato settentrionale dell’Uttarakhand con 32 seggi, seguito dal Bharatiya Janata Party con 31. Il Bahujan Samaj Party ha ottenuto 3 seggi e gli altri partiti 4. Nello stato nordoccidentale del Panjab l’Akali, cioè lo Shiromani Akali Dal o “supremo partito Akali”, un partito di centro che rappresenta i Sikh, ha ottenuto la maggioranza con 68 seggi. Secondo il Congresso con 46 e gli altri partiti 3. Nello stato sudorientale di Goa, il più piccolo dell’India per superficie e il quarto più piccolo per numero di abitanti, il Bharatiya Janata Party ha ottenuto la maggioranza con 26 seggi. Il Congresso ne ha vinti 9 e gli altri partiti 5.
Queste elezioni, che sono conosciute come le “mini elezioni”, sono state particolarmente significative perché sono considerate una sorta di banco prova per i risultati del Congresso nelle elezioni politiche generali che si terranno nel 2014. Sono anche un test elettorale per la candidatura a primo ministro di Rahul Gandhi, erede di quella che è chiamata la “dinastia Gandhi”. Rahul è figlio di Sonia Gandhi, che guida il Congresso e presiede l’Alleanza Progressista Unita, la coalizione di centrosinistra che sostiene il governo guidato dal primo ministro Manmohan Singh. Benchè Rahul sieda al Parlamento e non possa concorrere alle elezioni dei singoli stati, ha guidato per quattro mesi con una grande copertura mediatica la campagna in Uttar Pradesh e ha scommesso che il Congresso avrebbe ottenuto come minimo 100 seggi, garantendosi quindi un ruolo decisivo nella formazione di un governo di coalizione.
Commentando i risultati Rahul, erede di una lunga dinastia di primi ministri come pronipote di Jawaharlal Nehru, nipote di Indira Gandhi e figlio di Rajiv, ha ammesso: “La responsabilità è solo mia”. “Ho guidato questa campagna – ha aggiunto – e sono stato la persona in prima fila”. I compagni di partito hanno dato la colpa della sconfitta alla deficitaria struttura del partito e all’organizzazione, cercando di proteggere la sua immagine come prossimo primo ministro dell’India.
Il governo del Samajwadi Party che ha stravinto le lezioni in Uttar Pradesh è uno dei cinque maggiori partiti focalizzati sulla politica regionale ma con un programma politico nazionale molto limitato. Se questi partiti si unissero insieme per le elezioni del 2014, rappresenterebbero una grande sfida per il Congresso, alla guida di una coalizione sempre più traballante. “Accettiamo umilmente il verdetto popolare” ha commentato Sonia Gandhi “ma il primo ministro attuale resta”. Quanto al candidato per il 2014 ha aggiunto: “Ora siamo nel 2012, giusto? C’è ancora tempo”.