Reddito di base incondizionato, riduzione delle tipologie contrattuali, salario minimo e interventi a sostegno della persona. Sono questi gli ingredienti degli “Stati generali della precarietà”, l’iniziativa promossa dal network di San Precario che trasformerà marzo nel mese “dell’attivazione e della cospirazione precaria”. L’obiettivo? Fare muro con una serie di proposte alternative alla riforma del mercato del Lavoro promossa dal governo Monti.
“La proposta del ministro Fornero si basa su principi ingiusti e sbagliati – spiega Andrea Fumagalli, professore di Economia all’Università di Pavia ed esponente del gruppo di San Precario -, anteponendo la deregolamentazione e flessibilizzazione agli interventi di sicurezza sociale (Flex-Security). Noi chiediamo di invertire i punti, lavorando prima sulla sicurezza sociale poi intervenendo eventualmente sul mercato”.
In una lettera aperta a Mario Monti, il gruppo di San Precario chiede all’esecutivo di cambiare punto di vista. E cioè, per una volta, di partire dalle esigenze dei lavoratori atipici, quelli che – come sostiene Fumagalli – “non sono rappresentati in nessun tavolo di consultazione, tra una politica che li mortifica e un sindacato che non li conosce”.
Ecco nel dettaglio le proposte del santo protettore dei lavoratori precari: “Il reddito di base incondizionato prevede che ad ogni individuo residente che si trovi al di sotto di un certo livello di reddito venga garantita una retribuzione, calcolata annualmente in base alla soglia di povertà relativa”. Oggi in Italia questa condizione riguarderebbe 8 milioni e 300 mila persone e per finanziarla occorrere una cifra lorda di 20,7 miliardi di euro, da finanziare con la fiscalità generale. Una cifra non impossibile da recuperare, come spiega il docente di Economia: “Tenendo conto che attualmente per le forme di sostengo al reddito lo Stato spende 15 miliardi, il costo netto della misura che proponiamo è di circa 5 miliardi di euro”. La proposta si accompagna chiaramente ad una riforma radicale degli ammortizzatori sociali, che sono “distorti e non universali ed escludono i precari, che in larga parte non vi accedono”.
Un sistema come quello del reddito di base incondizionato, che garantisce a tutti e gli individui il livello minimo di sussistenza, rischia però di diventare un boomerang per il mercato del lavoro. “E’ un falso problema – assicura Fumagalli – Questo sistema serve a ridurre la ricattabilità del lavoratore ed è utile contro il lavoro nero, perché si troverà meno gente disposta a svendersi in assenza di diritti, introducendo nel sistema un elemento di rigidità che determinerebbe una riduzione del dumping sociale”. Le misure proposte, secondo gli Stati generali della precarietà, avrebbero anche effetti positivi sulla produttività, che aumenta quando diminuiscono le preoccupazioni. L’aumento della produttività innescherebbe un volano positivo per la crescita: “Un po’ come è accaduto agli inizi del 900 con la riduzione degli orari di lavoro, che molti temevano potessero determinare un crollo nella produttività, rivelandosi invece l’inizio di una fase di grande fermento produttivo”.
Nella lettera si parla anche di riduzione delle tipologie contrattuali (oggi se ne contano più di 40), dell’introduzione del concetto di salario minimo per i lavoratori e di una generale riforma del welfare, capace di garantire interventi a sostegno della persona (ad esempio su casa, minori, educazione) che possono contribuire ad abbattere il senso di precarietà che oggi incombe su tutta la società.
La lettera cerca di dare una risposta anche al problema delle risorse, da reperire nell’ambito della fiscalità generale, ad esempio attraverso “l’introduzione di una tassa patrimoniale sui patrimoni superiori ai 500mila euro e dalla tassazione delle rendite finanziarie si possono stimare incassi pari a 10,5 miliardi di euro, il giusto ripristino della progressività delle imposte in un paese dove la forbice tra ricchi e poveri si va allargando a dismisura porterebbe a reperire ulteriori 1,2 miliardi. Una razionalizzazione della spesa pubblica, solo nel campo della spesa militare (vedi i 15 miliardi per gli F35) e delle grandi opere del trasporto (vedi la Torino-Lione), potrebbe consentire un risparmio di quasi 6 miliardi”.
Il documento degli Stati generali della Precarietà si chiude con un monito rivolto al Governo: “Voi potete continuare a far finta che non esistiamo e vi assumerete questa responsabilità. Gli Stati Generali della Precarietà si assumono quella di riprendersi il futuro”.