A parlare è l'architetto Michele Ugliola che inizia a collaborare con la procura a partire dal luglio scorso. Da qui iniziano alcune intercettazioni decisive. Sul piatto un sistema di corruzione messo in piedi dal presidente del consiglio regionale che si dichiara completamente estraneo ai fatti
“Tranquillo, vai avanti che il partito ti copre”. E’ il 2009, quando Daniele Ghezzi, portavoce di Davide Boni, risponde così all’allora assessore di Cassano d’Adda, Marco Paoletti, che si lamenta delle continue richieste di denaro da parte dell’architetto Michele Ugliola. Due anni dopo, paradossalmente, sarà proprio Ugliola a inguaiare il presidente del consiglio regionale lombardo. Finito in carcere nell’inverno del 2010 per un giro di mazzette che smantella l’intera giunta di Cassano d’Adda, Ugliola inizia a collaborare con il procuratore aggiunto Alfredo Robledo. Riempie pagine di verbali. Tutti segretati. Racconta, in sostanza, il secondo tempo della corruzione. Quando, ad esempio, le tangenti si concordavano al tavolo del ristorante Riccione, noto ritrovo di politici, imprenditori e faccendieri.
Ma l’architetto non sarà il solo ad alzare il velo sul malaffare targato Lega. Dopo di lui tocca a quell’assessore che si lamentava con Ghezzi. Parla anche Marco Paoletti che dopo la gavetta in comune è arrivato fino in Provincia. Grazie a lui, la procura inizia a capire il piano: fatture false a otto zeri emesse dalla società di Ugliola. Tradotto fondi neri: un tesoretto dal quale si attingeva per corrompere. Ed è così che i magistrati arrivano a una prima conclusione. Si legge nel decreto di sequestro: “Boni e Ghezzi utilizzavano gli uffici della Regione cone luogo d’incontro pe concludere accordi e consegne di denaro”.
Ugliola, poi, porta il carico da novanta: i pagamenti. Circa 300mila euro, dice, consegnati nelle mani di Ghezzi. Di questi, dice Ugliola, centomila sono arrivati dall’immobiliarista Luigi Zunino (tra i sette indagati dell’inchiesta). In realtà, prosegue Ugliola, la tangente doveva essere molto più ricca: circa 800mila euro. In cambio l’imprenditore avrebbe ottenuto un’accelerazione per le opere di Santa Giulia e Sesto San Giovanni. L’operazione, però, si incrocia con le elezioni del 2010, quando Boni non viene più riconfermato come assessore all’urbanistica. E così Zunino sborsa solo centomila euro.
Il sistema è oliato. Dopo Zunino, tocca all’imprenditore Francesco Monastero. Sul piatto un mega centro commerciale nel Pavese. Prezzo della corruzione: 800mila euro. Ancora Ugliola e di nuovo la sua società. Il gioco è sempre lo stesso: fatture false per creare la provvista. Della mazzetta complessiva, prosegue l’architetto, ancora una volta nelle mani di Boni e Ghezzi arrivano 200mila euro.
Nel luglio scorso, Ugliola inizia a parlare. Filtrano le prime indiscrezioni. S’intravede lo scenario. Tanto più che l’ex sindaco di Cassano Edoardo Sala, in carcere per corruzione, racconta di quando, assieme a Ugliola, andava in regione a trovare Boni. In quell’estate non c’è molto di più. I magistrati proseguono a verbalizzare. E insieme dispongono intercettazioni che, sostiene la procura, confermano il quadro probatorio. Come le tangenti per milioni euro che Ugliola avrebbe dovuto ottenere con la riqualificazione dell’ex linificio di Cassano. Il resto sta nei verbali fiume dell’architetto e di suo cognato che a cassano rastrellava materialmente ilo denaro dagli imprenditori.