A volerla esaminare con freddezza la questione è di una semplicità disarmante. Con le perquisizioni di ieri al leghista Davide Boni per un milione di euro di presunte mazzette, quattro su cinque dei componenti dell’ufficio di presidenza del Consiglio regionale lombardo si ritrovano o sotto inchiesta, o in manette. Negli ultimi due anni un’altra decina di consiglieri sono poi risultati in pericolosi rapporti con boss della ’ndrangheta.
Nicole Minetti, nominata in regione nel listino del Presidente, è invece processata per favoreggiamento della prostituzione, anche minorile. Il tutto mentre il Governatore Roberto Formigoni vedeva venir condannati, per una falsa testimonianza sul tesoro estero di Comunione e liberazione, due dei suoi migliori amici. E subito dopo assisteva all’incarcerazione per lo scandalo dell’ospedale San Raffaele di Piero Daccò, un enigmatico faccendiere abituato a ospitarlo in barca.
Nelle periferie più disagiate di Milano è difficile, se non impossibile, trovare un unico palazzo in cui un numero così elevato di inquilini possa vantare, in simili percentuali, tanti problemi con la legge. Più in centro, vicino alla Stazione Centrale, invece uno ce n’è: è il Pirellone. E allora conviene che gli elettori facciano un ragionamento. Concedere a tutti la presunzione d’innocenza è giusto. Ma continuare ad affidare la gestione della cosa pubblica a un ente come questa Regione, in cui la devianza criminale, in entrambi gli schieramenti, appare così diffusa, è da stupidi.
Da qui al 2015 il Consiglio lombardo e la giunta dovranno partecipare alla gestione di oltre 10 miliardi di euro di soldi dei contribuenti destinati all’Expo. Un tesoro enorme per un avvenimento in cui è in gioco l’immagine dell’intero Paese. L’Italia, insomma, non si può permettere né di sbagliare né di rischiare. Accontentarsi delle spiegazioni di Formigoni (“sono casi personali”, oppure “pensate a Penati”) vuol dire accettare di prendere in considerazione il possibile disastro. L’unica soluzione è ridare la parola ai cittadini. Andare con velocità alle urne perché è chiaro a tutti che il Palazzo ha fondamenta marce e che tra qualche mese crollerà. E qui ormai si tratta solo di salvare il salvabile: qualche miliardo di euro e un minuscolo residuo di credibilità lombarda.
Il Fatto Quotidiano, 7 Marzo 2012