Ho sempre pensato che fosse nel giusto chi definisce il mio carattere assolutamente lunatico, sono persone che sostanzialmente mi vogliano bene. Gli altri, i meno amici, più qualche parente, come capita a tutti, probabilmente usano parole ben diverse: antipatico, presuntuoso, insopportabile, arrogante e credo molto altro…
Sì, all’improvviso mi capita un’uggia umorale e un profondo disagio mi può investire facendomi, ad esempio, passare una notte a rigirarmi nel letto con turbinosi e alle volte apocalittici pensieri. Niente cambia con l’arrivo delle ore mattutine, dove mi butto sul lavoro con pesante inerzia, sapendo che comunque qualcosa farò. E chi lavora con me sa che può essere pericolosissimo frequentarmi quando mi ritrovo in quel mordace arrovellio di azzannate viscere.
Poi, d’improvviso, sento tornare una rilassante e lucida calma, una forza che nonostante le normali vicissitudini quotidiane non posso non definire come un normalissimo, ottimo e potente buonumore.
Tutti i problemi, se pur tanti, mi sembrano un ovvio scotto da pagare a una vita con mille motivi di riconoscenza.
E così ieri, vittima di una nottataccia, ritrovando nuova energia, confermata poi da una splendida luna piena che ho visto tramontare con un meraviglioso evanescente pallore, mi son sentito per un attimo felice. Poi sono stato fermato sulla porta del buon umore che, come vi dicevo, di solito si riappropria dei miei pensieri, da un susseguirsi di persone amiche che sono venute a trovarmi nella mia cucina, come spesso capita a chi sa di trovarmi sempre dietro un soffritto, disponibile a due chiacchiere. Persone che recavano segni d’insonnia e che non avevano trovato soluzione. Uno alla volta, mi hanno spiegato i loro perché.
Un non più giovane direttore di banca a cui, dopo molte promesse, si è preferito far intendere che la sua vita professionale era giunta al termine.
Due ambulanti del vicino mercato, uno vicino ai settanta, l’altro intorno ai trenta. Entrambi hanno dovuto, due anni fa, mettere a norma europea i propri banchi (sessanta mila euro) per ritrovarsi adesso in serie difficoltà nel voler rispettare le incombenze.
Sì la mia mattinata è cominciata guardando uomini piangere lacrime asciutte e riganti visi contratti. Persone serie, tutti e tre onesti lavoratori, come si diceva un tempo.
Il primo, il bancario, in questi anni di crisi l’ho visto girare come una trottola, rincuorando chi già si trovava in difficoltà, non solo con buone parole, che comunque servono, ma con ragionamenti miranti a trovare rinnovata progettualità, fresche economie e fresche energie. Portando così i figli accanto ai padri, non per comode e privilegiate rendite familiari, ma per coscienza e volontà di mantenere in piedi piccole imprese che fondano un vasto e insostituibile patrimonio sociale. Stipendi, saperi artigianali, relazioni fra chi abita un quartiere, le strade e le piazze evitando così le desertificazione che, l’esperienza ci insegna, è capace solo di attrarre malavitose presenze.
Ieri la giornata ha preso uno strano verso e sono arrivati cuochi e camerieri a cercare lavoro come se tutti si fossero dati appuntamento sulla mia anima. Chi portava curriculum e chi portava rabbia e dolore, chi portava famiglia da mantenere e l’ovvio, solamente l’ovvio.
Ieri sono venuti colleghi che hanno chiuso le loro attività chiedendomi, con mal celato orgoglio ferito, di tenerli presente se si fosse venuto a creare un’occasione.
Ieri ho pensato che la Luna fosse venuta ad illuminare molto sangue di molti toreri di arene quotidiane. Ieri non avrei voluto essere solo Lorca, ma anche un un po’ Cecco Angiolieri e avrei voluto essere foco e ardere il mondo.
Ieri è venuto uno studente a chiedermi se poteva fare uno stage formativo. Non ho saputo cosa rispondergli, era come se avessi finito le parole e con loro i pensieri.
Oggi, per fortuna, è l’otto marzo, oggi è festa grande e oggi penso che tutte le donne sono stimate gonne.
Oggi son certo che qualcuno mi porterà il suo buon umore.