Sono nati e cresciuti in provincia di Modena. Hanno studiato in una scuola di Sassuolo e tifano la squadra locale. Eppure da quasi un mese sono rinchiusi al Cie. È la storia di due fratelli, Andrea e Senad S., rispettivamente 23 e 24 anni, figli di immigrati di origine bosniaca fino a qualche tempo fa regolarmente residenti in Italia. La loro vita è cambiata da quando i genitori, venditori ambulanti, hanno perso il lavoro e insieme il permesso di soggiorno, nel 2007. In quel momento per il nostro ordinamento i due ragazzi sono diventati meno che apolidi, non avendo un chiaro status giuridico. Ed è per questo che il 10 febbraio, dopo un controllo, sono stati portati nel centro modenese per stranieri in attesa d’identificazione ed espulsione, dove vivono tuttora.
Il problema è che pur essendo provvisti di documento di identità, non hanno né un passaporto, né una patria in cui fare ritorno. Allo stesso modo se le autorità italiane volessero espellerli, non ci sarebbe alcun paese estero a cui consegnarli. Questo perché i genitori non li hanno mai registrati all’ambasciata bosniaca (si dovrebbe fare entro i 18 anni), e loro non sono mai usciti dall’Italia. “Una situazione kafkiana” l’ha definita l’avvocato, Luca Lugari, che si è rivolto al giudice di pace per dirimere la matassa di una questione che sembra non avere né capo né coda. “Per lo Stato sono due clandestini di vaghe origini balcaniche, quindi non godono di nessun diritto civile. Sono due fantasmi rinchiusi al Cie dopo un controllo che ha dimostrato la disoccupazione dei genitori, a cui è seguito un provvedimento di espulsione notificato dal questore. Provvedimento che non potrà essere però eseguito”.
La prima udienza è stata fissata per il prossimo 12 marzo, davanti al giudice di pace. Anche se l’avvocato si dice dubbioso sull’esito della vicenda. Il caso, secondo Lugari, potrebbe essere il primo di una lunga lista di episodi simili, ancora senza nome né volto. E potrebbe fare giurisprudenza, diventare un precedente, proprio a pochi giorni dalla chiusura della campagna “L’Italia sono anch’io”, che in tutta la penisola ha raccolto oltre 200.000 firme per chiedere il riconoscimento della cittadinanza agli immigrati di seconda generazione. I due ragazzi hanno anche mandato un appello alla Corte europea per i diritti dell’uomo e a Giorgio Napolitano. Solo poche settimane fa infatti il presidente della Repubblica aveva definito “un’autentica follia” il fatto che i bambini nati nel nostro territorio non diventino italiani.
“Siamo nati e vissuti sempre in Italia – scrivono Andrea e Senad -. Sebbene i nostri genitori non abbiamo ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno perché attualmente disoccupati, ci sentiamo profondamente italiani: abbiamo frequentato le scuole dell’obbligo in Italia, conosciamo usi e costumi italiani e tifiamo il Sassuolo Calcio. In questa specie di carcere ci chiamano ‘ospiti’, ma noi non siamo né ospiti, né intrusi. Siamo bloccati al Cie, a spese dei contribuenti, in attesa di un provvedimento che non potrà mai essere eseguito”.
Intanto, le associazioni modenesi hanno organizzato per lunedì mattina un presidio di protesta. “Chiediamo la liberazione di Andrea e Senad S. rinchiusi in un luogo, il Cie, economicamente e umanamente inutile – ha dichiarato Cécile Kyenge, del Comitato 1 marzo e responsabile regionale del Pd per l’immigrazione – i ragazzi sono finiti in una anomalia della legge italiana, sono nati e vissuti in Italia, quindi avrebbero diritto a ottenere la cittadinanza italiana. Chiediamo a tutte le associazioni che si sono impegnate per la campagna l’Italia sono anch’io, e per Lasciateci entrare di intervenire e mobilitarsi, perché questa storia si chiuda velocemente e in maniera positiva”.