Cosa hanno in comune un elicottero, un paio di occhiali da sole e un barattolo di pomodori? Fanno tutti parte della “riserva aurea” della nostra manifattura, ossia di quei 249 prodotti di cui l’Italia è il primo esportatore al mondo. Una lista che regala un po’ di ottimismo di fronte ad una recessione che morde e brucia posti di lavoro: 670mila i posti persi dall’inizio della crisi anche a causa della “migrazione” di imprese verso paesi con meno tasse e costo del lavoro più basso.
Elaborata dalla fondazione Edison la graduatoria delle nostre eccellenze fornisce numerose conferme ma anche diverse sorprese e curiosità. Come da tradizione meccanica, nautica, moda e alimentare la fanno da padrone ma il primo posto in assoluto è occupato dagli oggetti di rubinetteria e condutture: ogni anno ne esportiamo per un valore vicino ai 5 miliardi e mezzo di euro. Navi passeggeri, traghetti e imbarcazioni da diporto ci garantiscono introiti per 4,7 miliardi di euro, i macchinari da imballaggio poco meno di 2 miliardi. Siamo i leader globali anche nella vendita di grossi elicotteri, di ascensori, di calzature in cuoio e, ovviamente, di pasta e pomodori in scatola. Davvero insospettabili sono invece i primati nell’export di tappi per bottiglia, di selle per biciclette, di statuette ornamentali o di poltrone per dentisti. Testimonianze di un’eccellenza manifatturiera che spiega anche perché le aziende italiane siano spesso prede molto ambite dai concorrenti esteri.
Le gratificazioni per la nostra industria aumentano se si considera che oltre ai 249 primati, l’Italia ottiene 347 secondi posti e 387 medaglie di bronzo. Quasi mille prodotti diversissimi tra loro che però hanno spesso in comune l’alta qualità unita alla capacità delle imprese che li realizzano di presidiare i mercati internazionale. E’ questa la formula che anche in tempi di crisi permette non solo di stare a galla ma anche, in alcuni casi, di nuotare contro corrente. L’elevata qualità consente infatti di rivolgersi a una clientela che risente poco o nulla della crisi e di fronteggiare una concorrenza più sofisticata ma meno feroce. La capacità di esportare è una polizza assicurativa contro recessioni che quasi mai colpiscono contemporaneamente i cinque continenti.
Un esempio perfetto di questo mix innovazione e propensione all’export è la Ferrari, icona per eccellenza del made in Italy di altissimo livello. Il cavallino rampante è infatti riuscito a chiudere il 2011 con risultati mai visti prima grazie a vendite in aumento del 10% e incassi del 17%. Nell’ abbigliamento valga il caso del marchio Loro Piana. Nel 2011 i suoi ricercati e costosi capi in cachemire sono andati a ruba facendo lievitare il fatturato del 17%. Quasi superfluo aggiungere che su 100 euro di incassi più di 80 sono arrivati dalle boutique situate all’estero. Il settore calzaturiero è stato poi protagonista di una vera e propria metamorfosi. Vista l’impossibilità di competere con i paesi asiatici sul costo della mano d’opera e dunque sul prezzo finale hanno deciso di puntare tutto sulla qualità. Il risultato è stato un 2011 con segnali di ripresa per 7 calzaturifici su 10, crescita degli occupati, incremento dell’export e gol in contropiede al “nemico” cinese. Esposte nelle boutique di Pechino o Shanghai le pregiate calzature italiane sono infatti diventate l’oggetto del desiderio dei sempre più numerosi nuovi ricchi del gigante asiatico.
Le produzioni “alte” hanno infine trainato anche l’alimentare. Negli ultimi 12 mesi i vini doc e docg hanno registrato un’ impennata dell’export del 13% centrando il record storico delle vendite fuori dall’Italia. Esportazioni da primato hanno interessato anche i formaggi, con parmigiano reggiano, grana padano e gorgonzola sempre più presenti soprattutto sulle tavole di americani, tedeschi e inglesi.
Questi casi virtuosi, fa notare il segretario confederale della Cgil Fulvio Fammoni, suggeriscono alcune considerazioni. “Le nostre piccole imprese devono essere aiutate a crescere di dimensioni e ad avviare processi di conversione che ne migliorino la qualità del prodotto. Per farlo servono strumenti come la cassa integrazione straordinaria, agevolazioni nell’accesso al credito oltre a interventi che riducano il costo dell’energia e migliorino la logistica. Fondamentale inoltre un rafforzamento della legalità in diverse aree del paese. Solo così – continua Fammoni – le imprese potranno sopravvivere alla severa e persistente crisi di consumi interni che ancora oggi assorbono il 70% della nostra produzione manifatturiera”.