In molti casi il procuratore generale ha ribaltato il verdetto di secondo grado. Sul senatore a vita: "Non ci sono rpove sul rapporto con Cosa nostra"
Il reato di concorso esterno in associazione mafiosa? “E’ ormai diventato un reato indefinito al quale, ormai, non ci crede più nessuno”. Parola del procuratore generale Francesco Iacoviello che oggi nella sua requisitoria davanti alla Cassazione ha chiesto che per il senatore Marcello Dell’Utri (condannato a sette anni in Appello) venga rifatto il processo di secondo grado oppure che la sua posizione sia giudicata dalle sezioni Unite. Prospettive che certo soddisfano i difensori dell’imputato. E del resto non è la prima volta che l’operato del magistrato va contro corrente e sorprende.
Il caso più eclatante: la vicenda di Giulio Andreotti e i suoi rapporti con Cosa nostra. E’ il 15 ottobre 2004 quando la Cassazione, dopo una camera di consiglio durata poco più due ore, emette la sentenza definitiva: conferma dell’assoluzione dello statista democristiano dall’accusa di associazione mafiosa, ma con due ombre, quella della formula assolutoria ai sensi del II comma dell’art. 530 cpp (la vecchia insufficienza di prove) e l’alone della dichiarazione di prescrizione per i fatti precedenti al 1980.
All’epoca la requisitoria è in mano al procuratore generale Iacoviello che chiede di rigettare sia il ricorso della Procura Generale di Palermo, che voleva un processo bis, sia quello dei difensori di Andreotti che speravano nell’assoluzione ‘piena’. Secondo Iacoviello, infatti, “non ci sono prove sui rapporti tra Andreotti e la mafia”. Definendo “coperta dal giudicato” l’ assoluzione dal reato di associazione mafiosa nei confronti del senatore a vita, e applicando il secondo comma dell’ art. 530 ”che obbliga il giudice ad assolvere quando la prova manca, è insufficiente, o contradditoria”.
Ancora più chiara la sua posizione per evitare un nuovo processo: “Molto – dice -è andato perduto della originaria impostazione accusatoria, ma qualche cosa è pure rimasto, come le dichiarazioni accusatorie di Francesco Marino Mannoia”. Iacoviello, tuttavia, contesta la sentenza di appello perché presenta ”evidenti vizi di illogicità e di incongruenza”. Tra questi, il Pg non ritiene utilizzabili le dichiarazioni di Angelo Siino e del boss Mammoliti sugli incontri tra Andreotti e il capoclan Stefano Bontade (avvenuti nel 1979 e nel 1980).
Infine, per quanto riguarda la pronuncia di non doversi procedere per il reato di associazione a delinquere in quanto prescritto, il pg Iacoviello invita i giudici della seconda sezione penale ”a rigettare il ricorso della difesa, confermare la prescrizione ma dando una motivazione diversa da quella della sentenza di appello. In un sistema come il nostro a verdetto motivato questo ha la sua importanza”. In sostanza, per il pg serve una motivazione scagionatoria di Andreotti per questa parte dell’ accusa.
Iacoviello, inoltre, pur non demolendolo completamente, ha criticato il verdetto di appello che assomiglia più a una “‘indagine sociologica” che a una sentenza ”scritta in base alle norme di diritto”. E ancora, il pg aggiunge che spesso la sentenza ha delineato gli ”stati d’animo” di Andreotti piuttosto che delle concrete ”disponibilità ” nei confronti di Cosa Nostra.
Due anni dopo è di nuovo Iacoviello a iniziare la requisitoria davanti alla Cassazione. Sul tavolo c’è il processo Imi-Sir. Per la compravendita della sentenza che ha assegnato mille miliardi di vecchie lire agli eredi del finanziere Mino Rovelli, nel 2005 la Corte d’Appello di Milano condanna a sette anni l’ex ministro della Difesa Cesare Previti e l’avvocato Attilio Pacifico per aver corrotto l’ex capo del gip della Capitale Renato Squillante (5 anni) e l’ex giudice Vittorio Metta (sei anni), per assicurare ai Rovelli – la vedova Primarosa Battistella (2 anni) e il figlio Felice (3 anni) – il maxi-risarcimento.
Iacoviello utilizza ben otto ore per una requisitoria molto apprezzata dai legali degli imputati, e che culmina nella richiesta di assoluzione per Renato Squillante e nella conferma delle altre condanne, ma con una riduzione di pena. Renato Squillante verrà assolto.
Nel gennaio 2010 è sempre Iacoviello a chiedere ai giudici della Cassazione di dichiarare inammissibile il ricorso della Procura di palermo contro l’assoluzione in appello dell’ex ministro Calogero Mannino, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Mannino sarà assolto
Il 22 novembre 2011 la Cassazione annulla senza rinvio la condanna all’ex capo della polizia Gianni De Gennaro e all’ex capo della Digos di Genova Spartaco Mortola con riferimento all’accusa di aver istigato alla falsa testimonianza l’ex questore del capoluogo ligure Francesco Colucci per i fatti del G8 di Genova. Una decisione aderente alla richiesta del sostituto procuratore generale della Cassazione Francesco Mauro Iacoviello che aveva chiesto di annullare senza rinvio la sentenza di secondo grado emessa il 17 giugno del 2010. Sia il Pg – che ha ricordato come a suo avviso al G8 siano stati ben altri gli avvenimenti di rilievo come i pestaqgi e la morte di Carlo Giuliani – sia le arringhe dei difensori, battono il tasto sulla non rilevanza delle diverse versioni inerenti, in definitiva, la catena di comando responsabile dell’irruzione delle forze dell’ordine alla Diaz.