Pensavamo che la partitocrazia si fosse frantumata, sgretolata, dopo Mani Pulite. Illusione degna di un grande mago come Houdinì. Si è invece rafforzata, moltiplicata. Soprattutto si è legalizzata. E’ divenuta una grande voracissima Spartitocrazia.

Dai primi anni ’90 non è stata più solo egemonia dei partiti sulla nostra democrazia. Ma un’egemonia economica strutturata mediante una selezione legislativa scientifica, inoculata a piccole dosi, che ha consentito tutto ciò. I partiti attraverso il potere legislativo ed esecutivo che governano hanno smantellato ogni norma punitiva di condotte corruttive, hanno allentato la prescrizione, hanno creato scudi fiscali spaziali, leggi ad personam ma ancor più ad partitum, quali il porcellum

La Costituzione recita – appunto con una certa sacralità – all’art. 49 cheTutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.” Si sottolinea pertanto la preminenza della forma partitica per contribuire (concorrere) alla democrazia del Paese attraverso l’essenziale strumento della politica.

Non c’è scritto in alcun modo che i partiti debbano o possano sostituirsi alla democrazia, confinandola in un simulacro (qualche giorno fa ho usato il termine di “esoscheletro”), così da svuotarla da ogni forma di controllo, da ogni strumento di democrazia diretta. Una democrazia gestita da decenni esclusivamente dai segretari e dai tesorieri di partito (bene ha fatto ieri Travaglio ha osservare che “andrebbe indagata e approfondita la figura del segretario di partito” in generale).

In quale altro Paese viene relegata la democrazia diretta (tra cui il referendum, forse il più importante secondo la nostra Costituzione), prevista dalla Carta, sino al punto da svilirla stravolgendone completamente la volontà? Pensiamo appunto alla fondamentale e vitale materia sul finanziamento pubblico ai partiti.

Il finanziamento pubblico ai partiti è stato introdotto dalla legge Piccoli n. 195/1974, che ha vergognosamente interpretato il sostegno all’iniziativa politica come finanziamento ai partiti presenti in Parlamento, con l’effetto di penalizzare le nuove formazioni politiche. Il fine è stato di realizzare un sistema antidemocratico di oligarchia politica, impedendo di fatto l’accesso a nuovi partiti non sostenuti da un’ampia organizzazione di base o economica tale da consentire di affacciarsi nell’agorà politica. Tale legge è stata più volte modificata, sino al referendum (ovviamente abrogativo) promosso dai Radicali nell’aprile 1993, che ha visto il 90,3% dei voti espressi contro il finanziamento pubblico ai partiti, agevolato dallo scandalo di Tangentopoli. Se nonché nel dicembre 1993 il Parlamento ha aggiornato, con la legge n. 515/1993 la preesistente legge sui rimborsi elettorali, definiti “contributo per le spese elettorali”, poi più volte modificata, sino a riproporre di fatto una normativa paritetica a quella sul finanziamento pubblico ai partiti. Una incredibile vergogna che meriterebbe non solo un ricorso all’Unione Europea ma forse anche l’intervento dei caschi Onu per ristabilire la democrazia di fatto espropriata.

Lo scandalo Lusi (che sfogliava la Margherita pronunciando la frase “Rubo, non rubo”) ha gettato la luce su un problema vitale. Si disquisisce di centinaia di milioni di euro all’anno (di miliardi solo negli ultimi 10 anni) che finiscono illegittimamente ai partiti, contro la volontà popolare, e senza alcun controllo per di più! Non sono beghe private. Tale meccanismo disvela una democrazia malata, drogata, adulterata. Realizzato al solo fine di perpetrare il disegno criminoso di assicurare una dittatura oligarchica e impedire l’accesso a nuovi movimenti (apartitici ma che potrebbero poi costituirsi in partiti) in grado di scompaginare tale disegno.

E’ un gioco nel quale giocano solo in 3 o 4 e nel quale tutti gli altri non hanno accesso ma ai quali è poi presentato il conto. Un gioco illecito. Fatto non solo di gestione del potere fine a se stesso ma ancor più di intrallazzi personali. Un gioco che ha sfasciato il futuro e i sogni di qualche generazione. Un gioco che continua indisturbato, con toni arroganti. Non c’è democrazia perché chi la esercita non è legittimato dal popolo elettore poiché sono falsate le regole del gioco.

Come se ne esce? Con una dose massiccia di democrazia diretta (come postula Ainis da tempo, e ancora oggi sul Corriere). A mio avviso anche con i necessario ed urgente scioglimento dei partiti, con nuove elezioni per una nuova “ricostituente”, con la creazione di una grande e autorevole Commissione d’inchiesta che individui tutte le responsabilità politiche ed economiche. Infine con una patrimoniale che tagli definitivamente il debito pubblico.

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