I giudici di Napoli definiscono "congetture" gli elementi che avevano portato all'arresto di Fortunato Zagaria, ritenuto vicino all'omonimo clan. "Riferì le minacce della camorra al suo predecessore Zara, ma solo perché temeva per la propria incolumità"
Il sindaco di Casapesenna Fortunato Zagaria, arrestato per violenza privata aggravata dall’aver agevolato il clan dei Casalesi, è tornato in libertà. L’ottava sezione del Tribunale del Riesame di Napoli, presidente Vincenzo Lomonte, giudici Maria Grassi e Daniela Cortucci, ha ribaltato l’ordinanza del Gip Maria Vittoria Foschini e il lavoro della direzione distrettuale antimafia partenopea (pm Giovanni Conzo e Catello Maresca), evidenziando che non ci sono gravi indizi di colpevolezza per tenere in carcere l’ex sindaco.
Secondo il gip, il sindaco Fortunato Zagaria, assecondando i voleri del boss omonimo Michele, aveva minacciato, nel 2008, l’ex primo cittadino Giovanni Zara, per indurlo a non rilasciare dichiarazioni pubbliche contro il clan. Non solo: Fortunato Zagaria avrebbe organizzato le dimissioni congiunte dei consiglieri, nel 2009, per far cadere la giunta Zara perché quest’ultimo da sindaco non avrebbe assecondato i voleri di Fortunato, suo padrino politico. Dopo la destituzione di Zara, Zagaria è tornato nuovamente primo cittadino.
Il Riesame rilegge i fatti diversamente, riconsiderando il rapporto tra Fortunato Zagaria e Giovanni Zara, per lungo tempo sodali di partito e poi in rotta di collisione. Una frattura, secondo il gip, causata dalla condotta legalitaria del giovane avvocato Zara, mal vista da Fortunato. Il Riesame giudica così le dimissioni dei consiglieri: “Il collegamento tra detta crisi e la ipotizzata condivisione, da parte del ricorrente (Zagaria, ndr), del contenuto delle minacce oggettivamente dirette anche allo Zara, resta, allo stato, al livello di una pur plausibile congettura”.
Nel 2008, Fortunato Zagaria convoca Zara in un campo sportivo dopo che il giovane sindaco aveva espresso sui giornali soddisfazione per l’arresto di alcuni boss. L’episodio, nell’interrogatorio di garanzia, viene confermato da Zagaria che, però, lo spiega diversamente. “L’indagato non ha sostanzialmente negato di aver riportato le frasi minacciose rivoltegli dai due sconosciuti, ma ha precisato aver detto allo Zara di temere per la propria incolumità personale”.
Zara, quando all’epoca viene ascoltato dagli uomini della Dia giudica quelle parole come consigli. Nel 2009, dopo le dimissioni, Zara intercettato al telefono con la moglie fa riferimento a un episodio intimidatorio avvenuto in un campo sportivo. Ascoltato dagli inquirenti, nel 2010, conferma la deposizione precedente, ma spiega che quelle parole di Fortunato Zagaria nel campo erano vere e proprie minacce, inizialmente ridimensionate “per paura di ritorsioni”.
Il Riesame spiega che le dichiarazioni di Zara vanno sottoposte al vaglio di attendibilità “allorché, come nella specie, possano ravvisarvi motivi di risentimento ovvero di rancore personale tra l’indagato e la persona offesa”. Il Gip, invece, dava un giudizio ‘assolutamente positivo’ sull’attendibilità di Zara, ampiamente riscontrata, e precisava: “ La portata delle dichiarazioni dell’ex sindaco consente, innanzitutto di escludere l’intento calunnioso o vendicativo come dimostra la circostanza che la denunzia non è stata una iniziativa autonoma ma è stata indotta dalla convocazione degli inquirenti a seguito dell’ascolto delle conversazioni intercettate”.
Dall’ordinanza del Riesame emerge uno Zara risentito che viene detronizzato per le valutazioni negative sulla sua condotta amministrativa e non certo per volere del suo ex padrino politico al servizio del boss. Il magistrato Federico Cafiero De Raho aveva, invece, apprezzato “il notevole senso civico e l’alto coraggio istituzionale” di Zara. Ad accusare Fortunato Zagaria ci sono anche due pentiti Roberto Vargas (“Fortunato è il pupazzo del boss Zagaria”) e Salvatore Caterino (“Mi hanno riferito che Fortunato Zagaria fa quello che vuole il capoclan”).
Secondo il Riesame, “le dichiarazioni sono caratterizzate da intrinseca genericità” e riportate de relato, ascoltate da altri. Il Gip riportava un altro elemento per spiegare la vicinanza tra Fortunato Zagaria e il clan dei Casalesi: l’invito fatto a Zara di contattare i familiari del boss Vincenzo Zagaria per l’uso di un terreno confiscato ancora nella disponibilità del clan, procedura ‘insolita’ che Zara non volle seguire. Per il Riesame si tratta, invece, “di contatti, ammessi dall’indagato Fortunato Zagaria, che possono trovare adeguata giustificazione in quanto volti ad evitare il dispendioso e inutile ricorso a procedure giudiziarie dirette a conseguire la piena disponibilità di un terreno confiscato”.
Un episodio che il Gip giudicava con durezza come dimostrazione dell’intenzione da parte di Fortunato Zagaria di “mantenere una amministrazione pubblica prona agli interessi della camorra”. L’evidenza dei rapporti con il clan veniva accertato anche dal colloquio, nel 2004, tra il sindaco Fortunato Zagaria e il boss Carmine Zagaria, fratello dell’allora latitante Michele. La Procura ora prepara il ricorso in Cassazione contro la decisione del Riesame.