Da una parte le ragioni dei residenti ( o quota importante di essi ) e dall’altra, mi viene da dire le ragioni di uno Stato. E veniamo a quest’ultimo. Da tempo si denuncia che l’Italia, nell’era berlusconiana, era scesa ai minimi storici nella considerazione degli altri paesi del mondo. Ridicolizzato Berlusconi, per processo osmotico gli italiani stessi ne venivano ridicolizzati. Ne fa fede il moltiplicarsi di attestati di stima nei confronti del nuovo governo e, non ultimo, la risalita della nostra credibilità tra i mercati europei.
Raffigura, questa rinnovata credibilità, un uomo di destra, si spera di una destra non gaglioffa ma seria. E una destra per bene non può che avere, quale faro di riferimento, un concetto alto di Stato e di interesse preminente rispetto alle aspettative e alle istanze dei cittadini. All’esterno l’interesse comprende anche l’onorare accordi e programmi condivisi e voluti dal resto di Europa. Entro i nostri confini, tale interesse, si rifà alla credibilità e alla autorevolezza che uno Stato deve incarnare per fare si che le cose che decide si attuino.
La Val di Susa, temo, rimarrà stritolata da questa esigenza che se da una parte ci accredita in termini di serietà dall’altra ci avvilisce per un decisionismo a cui non siamo o non siamo mai stati abituati.
Il paradosso è che entrambe le parti hanno ragione ma queste ragioni viaggiano su strade diverse e quindi difficilmente potranno incontrarsi e confrontarsi. L’autorevolezza di uno Stato che tiene fede ai patti è la cosa di cui abbiamo, sicuramente, bisogno. Ma, al tempo stesso, la necessità di ascolto perché si compia una democrazia matura è anch’essa acqua che ci serve per dissetarci. In questa frattura si rinviene l’insanabilità della situazione della Val di Susa, ritenendo, da parte di questo governo, prioritaria la prima rispetto alla seconda.
Valutazione, poco tecnica e molto politica.
(Foto: LaPresse)