"Grazie alla Rete il panorama indipendente oggi ha più possibilità di farsi conoscere". E sul successo della band torinese: "Ci sono tante pressioni delle case discografiche, sempre alla ricerca del singolo che funzioni. È difficile mantenere un equilibrio"
I Subsonica vengono dal mondo musicale alternativo. Ma ora il successo è vasto e popolare: come lo vivete?
Non posso negare che sia una bella sensazione. Soprattutto perché lavoro portando avanti una mia passione. Noi, però, siamo sempre concentrati sullo scrivere musica e sul raccontare il mondo intorno a noi. Non abbiamo mai visto la musica come un mezzo per raggiungere il successo. Non ci interessa.
Comunque, che lo vogliate o no, avete a che fare con le dinamiche dello show-business. Come può resistere oggi un gruppo che vende molti cd alle “sirene” della fama e del successo?
È complicato. Soprattutto quando intorno a te tutto va verso quel tipo di approccio. Ci sono tante pressioni delle case discografiche, sempre alla ricerca del singolo che funzioni. È difficile mantenere un equilibrio. C’è da dire che, essendo in un gruppo, è più facile non cedere alle lusinghe dello show-business. Credo che l’unica soluzione sia non smettere di creare liberamente.
Quando esce veramente la personalità di Samuel? Sul palco con i Subsonica o con i Motel Connection?
Sono due cose diverse. Ogni progetto serve a colmare dei vuoti e delle mancanze che un’unica situazione inevitabilmente ti crea. Per me è importante riuscire ad avere progetti che mi possano completare. I Subsonica e i Motel Connection rappresentano due aspetti della mia personalità. Con i primi, canto e basta. Con gli altri, invece, suono la chitarra, canto in inglese e faccio anche il produttore.
Com’è oggi il panorama della musica alternativa italiana?
Da sempre è stato un luogo importante di scintilla creativa. Noi arriviamo dal quel circuito. E tutte le realtà che provengono da lì formeranno quello che sarà il percorso artistico del futuro.
Quali sono i gruppi di quel circuito che oggi sono più interessanti?
Ce ne sono tantissimi. In questo periodo di smarrimento culturale sono nate band che nel nostro Paese risultano ancora semisconosciute, ma che vanno in tour in America e in Giappone. E hanno una vita artistica intensa fuori dall’Italia. Qui purtroppo suonano pochissimo.
In passato qualche artista mi ha detto che anche nel mondo della musica indipendente esiste una sorta di lobby che decide cosa spingere e cosa no.
Non credo. In questo circuito musicale penso che chiunque abbia la capacità di elaborare un suono personale e fresco possa ritagliarsi una piccola nicchia e un seguito di pubblico. Oggi, poi, ci sono degli spazi promozionali molto più aperti. La rete ci permette di conoscere, di sondare, di scegliere tra tutte le realtà musicali esistenti. Oggi è più facile comunicare la verità, anche nel mondo della musica.
Che cosa significa “comunicare la verità”?
Ci sono ragazzi molto giovani che in casa si costruiscono il loro disco e lo mettono direttamente in rete. Molti di questi progetti sono interessantissimi. Stiamo attraversando tempi ben diversi da quelli in cui si affittava uno studio e si cercava un produttore. Oggi il web ha modificato tutte le dinamiche. Una volta c’erano i fan club che riunivano le persone intorno a una band. Oggi c’è la pagina Facebook che raccoglie i fan e li mette in contatto, li informa e ci permette di comunicare con loro. Grazie ai Social network siamo ufficialmente in una nuova era.
di Salvatore Coccoluto