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La Germania chiude le porte del welfare per gli immigrati: “Sussidio solo dopo tre mesi”

L'aumento della disoccupazione nell'Europa meridionale preoccupa la Repubblica federale. Il portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert: "No all'abuso delle prestazioni sociali tedesche"

Il sindaco di Berlino Klaus Wowereit

Di fronte all’aumento dei tassi di disoccupazione nell’Europa meridionale Berlino chiude in via precauzionale le porte del suo welfare. Gli italiani, i greci, gli spagnoli e gli altri europei che si trasferiscono in Germania alla ricerca di un posto di lavoro non avranno più diritto a ricevere, a partire dal loro primo giorno di permanenza nella Repubblica federale, il sussidio di disoccupazione introdotto con la riforma “Hartz IV“.

Il giro di vite, annunciato in una direttiva inviata dal governo all’Agenzia federale del Lavoro il 23 febbraio, sta provocando forti polemiche, che Berlino ha provato a smorzare sul nascere. “I lavoratori qualificati qui in Germania sono i benvenuti, ma la cultura dell’accoglienza non significa invitare le persone a emigrare nel nostro welfare state”, ha chiarito il ministero del Lavoro. Il nostro unico obiettivo, ha aggiunto, è stato evitare disparità di trattamento tra cittadini europei. In base a una sentenza emessa nel 2010 dal Bundessozialgericht (la Corte tedesca per le questioni sociali), infatti, i disoccupati che provengono da uno dei 17 Stati che hanno ratificato nel 1953 la Convenzione europea di assistenza sociale e medica (Italia compresa) hanno diritto a incassare sin dal primo giorno in Germania le prestazioni sociali previste dalla riforma Hartz IV. I cittadini originari dei Paesi che non hanno firmato la Convenzione, come ad esempio l’Austria, sono invece esclusi da questa possibilità.

In futuro i cittadini comunitari potranno accedere ai sussidi di disoccupazione non da subito, come accade ora, ma solo dopo tre mesi di permanenza nella Repubblica federale, ha annunciato il ministero del Lavoro. È sbagliato voler leggere nella decisione un «messaggio politico», ha aggiunto il portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert: siamo favorevoli all’immigrazione, ma non vogliamo che si abusi delle prestazioni sociali tedesche. In realtà, a uno sguardo più attento, la misura sembra avere un valore per lo più simbolico. Il numero dei cittadini comunitari che al loro arrivo in Germania presentano subito domanda per ottenere il sussidio di disoccupazione è prossimo allo zero, ha spiegato ad esempio la vice-capogrupo della Spd al Budnestag Elke Ferner al quotidiano Frankfurter Rundschau. «Grecia, Spagna e altri Paesi dell’Europa meridionale patiscono un’enorme disoccupazione giovanile, la maggior parte dei giovani che vogliono venire qui non lo fanno per vivere al livello del sussidio di disoccupazione. Bisogna chiedersi se questo governo non abbia perso completamente di vista la realtà dei giovani», ha attaccato il sindaco socialdemocratico di Berlino Klaus Wowereit sulla Rheinische Post. Le argomentazioni del governo «non sono serie».

Non solo, ma gli stessi dati diffusi dall’Agenzia del Lavoro dimostrano che nessuno, in Spagna, Grecia, Portogallo o Italia, ha deciso di prendere d’assalto la Germania, dopo la sentenza del 2010, per poter incassare i sussidi per i disoccupati e sfruttare il welfare tedesco. Il numero degli spagnoli o dei greci emigrati nella Repubblica federale nel settembre 2011 è praticamente identico a quello registrato nello stesso mese del 2010. Per il direttore dell’associazione caritativa Paritätische Wohlfahrtsverband, Ulrich Schneider, Berlino lancia un “segnale fatale”: evidentemente la Germania teme che la politica di austerity da lei imposta in Europa possa provocare ora l’arrivo di un’ondata di nuovi poveri.