Anche Silvio Berlusconi rompe il silenzio sul caso Dell’Utri: ”Diciannove anni di sofferenza e di gogna, una cosa incredibile”, ha commentato l’ex premier sul suo profilo Facebook a proposito della sentenza della Corte di cassazione che ha annullato la sentenza di condanna per il senatore del Pdl e ha disposto un nuovo processo d’appello. Una decisione che continua a tenere banco e riapre il dibattito sul “partito della magistratura”, sui “pm che commentano le sentenze sui giornali”, sulla necessità di cambiare la norma che punisce il concorso esterno in associazione mafiosa, il reato contestato a Marcello Dell’Utri dalla Procura di Palermo.
L’assalto al concorso esterno non arriva solo dal centrodestra. A sparigliare le carte ha provveduto il responsabile delle riforme del Pd ed ex presidente della Commissione antimafia, Luciano Violante, che, intervistato da la Stampa, lancia l’idea di rivedere in Parlamento il reato alla luce della sentenza della Cassazione sul caso Dell’Utri. “Il mutamento nell’interpretazione giurisprudenziale, quando mutano i contesti sociali, è nella storia di tutte le magistrature”, è il pensiero di Violante, secondo cui “alcuni comportamenti, in sé ambigui, possono essere oggetto di valutazioni diverse”.
L’esponente del Pd prende come esempio “le sentenze su Totò Cuffaro e su Calogero Mannino“, che “facevano già intravedere questo orientamento interpretativo della Cassazione”, spiega Violante. “Ma questo, lo dico con fermezza, non può significare sottovalutazione della necessità di combattere duramente la mafia. Altrimenti torniamo agli anni della convivenza”. Per Violante il concorso esterno “esiste”, ma “il pm ha ragione nella sua richiesta di chiarimento. Bisogna stabilire con chiarezza quali comportamenti, quando tenuti da chi non associato alla mafia, costituiscono un contributo all’organizzazione mafiosa. Ma questa chiarezza spetta al governo e al Parlamento”. Chiaro, quindi, il messaggio: tocca alla politica rivedere la natura giuridica del reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
A infiammare il dibattito sono state le interviste rilasciate da due magistrati di primo piano, Gian Carlo Caselli e Antonio Ingroia, rispettivamente su la Repubblica e su Il Fatto Quotidiano. Giudizi severi e parole pesanti sull’operato del sostituto procuratore generale Francesco Mauro Iacoviello (e sulla sua requisitoria), che hanno provocato la reazione incendiaria del Pdl, con importanti sponde anche all’interno del Partito Democratico. Caselli, Procuratore capo di Torino, ha affermato che la requisitoria di Iacoviello ha ferito non solo lui ma anche la memoria di Giovanni Falcone, “che ha teorizzato e concretizzato nei maxiprocessi il concorso esterno in associazione mafiosa”. Per Caselli (che ha ricordato come il Csm abbia punito colleghi per molto meno), “le affermazioni di Iacoviello sono quantomeno imbarazzanti”.
Sulla stessa linea d’onda Antonio Ingroia. ”Spero che questa sentenza non si trasformi nel colpo di spugna finale al metodo Falcone, perché da due decenni siamo testimoni in un’instancabile opera di demolizione del lavoro della magistratura siciliana”, ha detto il procuratore aggiunto di Palermo. Ingroia non si è detto sorpreso, “conoscendo la cultura della prova del presidente Grassi, che è completamente lontana dalla mia”. Poi l’attacco diretto al pg Iacoviello: “Dire che al concorso esterno non crede più nessuno fa a pugni con tante sentenze ormai definitive”.
Il Pdl attacca i magistrati appoggiandosi alla sponda offerta da Violante. Una sponda inaspettata su cui immediatamente si è lanciato il Pdl, che con alcuni colonnelli ha subito rilanciato sulla proposta di Violante. “Evidentemente al dottor Caselli sono saltati i nervi se invoca addirittura provvedimenti disciplinari del Csm nei confronti del sostituto procuratore Iacoviello per l’arringa fatta e per quello che ha detto sul reato di concorso esterno in associazione mafiosa” ha detto Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati Pdl. Il reato di concorso esterno “consente dei margini incredibili di discrezionalità anche a pubblici ministeri politicizzati per cui va eliminato o comunque profondamente rivisto, come sostiene anche uno che se ne intende come Luciano Violante”.
Con Violante sta anche l’ex coordinatore Sandro Bondi: “Se nella sinistra altri seguissero l’onestà intellettuale e politica di Violante, si potrebbe finalmente avviare una fase nuova nella vita politica italiana e creare le condizioni per una riforma giusta ed equilibrata della giustizia”.
Il più duro il segretario del Popolo della Libertà Angelino Alfano, che dall’Assemblea dei Coordinamenti e degli eletti del Friuli Venezia Giulia ha sferrato un attacco frontale nei confronti di quello che non ha esitato a definire il ‘partito dei pm’. ”Ho letto commenti violenti sulla sentenza Dell’Utri da parte del partito della magistratura. Quando le sentenze erano di loro gradimento, dicevano che le sentenze non si commentano” ha detto l’ex Guardasigilli, secondo cui “la magistratura è divisa in partiti che per eufemismo si chiamano correnti, che fanno congressi e che hanno iscritti”.
Sul fronte opposto, il leader dell’Idv Antonio Di Pietro, che ha attaccato il modo scelto dai giornali per affrontare la questione. “L’informazione ufficiale distorce le notizie – ha detto l’ex pm al Fatto – la Cassazione non ha assolto l’amico di Berlusconi, ma ha rinviato il processo all’appello: vuol dire che resta un condannato a 9 anni in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa”. Quanto al reato di concorso esterno, si tratta di un reato “diverso” da un omicidio o da una rapina, “non serve la classica pistola fumante per provare qualcosa perché la mafia consiste proprio nel creare un meccanismo condiviso per raggiungere un obiettivo con mezzi leciti e illeciti”.