Su pressione dei Verdi il primo cittadino Klaus Wowereit è stato costretto ad ammettere di aver trascorso nel 2004 una vacanza in una tenuta in Spagna appartenente a Manfred Schmidt, il manager di eventi già coinvolto nello scandalo che ha costretto alle dimissioni l'ex presidente della Repubblica federale
La vicenda rischia di farsi spinosa: secondo il Tagesspiegel, ad esempio, ci sono indizi che fanno pensare che tra Schmidt e Wowereit esistano contatti tutt’altro che sporadici. Così, ad esempio, nel 2005 il sindaco ha invitato l’organizzatore di eventi nel suo appartamento privato per festeggiare i 40 anni del suo partner, Jörn Kubicki. La Spd nega però qualsiasi rapporto d’affari tra il Land di Berlino e Schmidt.
Wowereit deve fare finalmente piazza pulita sui suoi contatti col manager e non aspettare che qualcuno gli strappi le parole di bocca, attacca intanto il politico dei Verdi Dirk Behrendt. Quattro settimane fa lo stesso Behrendt aveva chiesto a Wowereit chi avesse pagato il party elettorale della sua Spd svoltosi nel luglio del 2011 in una residenza di Schmidt situata presso la Porta di Brandeburgo. Una domanda a cui il sindaco rispose in modo elusivo. Il sindaco usa la stessa tattica che utilizzò Wulff, quella del dire e non dire, attaccano i Pirati. Critiche sono arrivate anche dalla Linke, ex alleato di coalizione della Spd nel Land di Berlino, e dall’organizzazione Transparency International.
Nel frattempo la Berlino politica discute anche di un altro caso: quello della “cacciatrice di nazisti” Beate Klarsfeld, candidata dalla Linke alla carica di presidente della Repubblica federale. Secondo il quotidiano Die Welt, dopo aver rifilato nel 1968 un famoso schiaffo all’allora cancelliere della Germania Ovest Kurt Georg Kiesinger la Klarsfeld ricevette 2.000 marchi tedeschi-occidentali dalla SED (il partito comunista della defunta Germania dell’Est). I soldi sarebbero serviti per “ulteriori azioni”. Dure critiche sono arrivate dalle file del governo tedesco. Se ciò venisse confermato la sua candidatura a capo dello Stato sarebbe «uno schiaffo per tutti i democratici nel nostro Paese», ha attaccato sulla Welt il segretario generale dei liberali Patrick Döring. È una “marionetta della SED”, ha incalzato il suo omologo della CSU Alexander Dobrindt. A difendere la Klarsfeld è invece il vice-capogruppo della Linke al Bundestag, Dietmar Bartsch: per quanto ne so citò lei stessa i 2.000 marchi già nella sua autobiografia del 1972, ha detto Bartsch alla radio Deutschlandfunk. «Nella sua lotta contro i nazisti è stata appoggiata dalla Francia, da Israele, e anche dalla DDR. Questo è legittimo», ha spiegato, la sua caccia ai nazisti «non va discreditata da nessuno».