Ho appena finito di leggere un libro straordinario, “L’ingenuità della Rete” di Evgeny Morozov. Il titolo originale, “The Net delusion”, racconta ancora meglio il senso del testo dello scrittore e ricercatore bielorusso nato nel 1984.
Ho scelto di leggere questo libro per mettere alla prova le mie convinzioni sul fatto che Internet possa offrire un insieme mai visto prima di strumenti ‘adatti’ a favorire la promozione di spazi di democrazia. L’esperimento è riuscito: il mio ottimismo-utopismo si è trasformato in un atteggiamento critico, spesso cinico, certamente più riflessivo.
Lo scopo del testo è ridimensionare il ruolo della Rete nei processi politici? Non del tutto: se Morozov ha scritto un libro così spietato è a mio avviso per un innato senso di protezione da parte dell’autore nei confronti di Internet. Nelle sue parole emerge tutta la preoccupazione per le conseguenze nocive di un uso ingenuo di questi strumenti: la potenza di Facebook, Twitter, dei blog non è minimamente ridimensionata da questo testo e piuttosto è vero il contrario. “L’ingenuità della Rete” è un manuale per un uso corretto e lucido dei social media e l’uso corretto è possibile solo se si ha un’idea precisa delle reali opportunità e dei reali limiti delle piattaforme.
Il testo di Morozov, a mio avviso, obbliga una riflessione su tre macro-temi assai rilevanti nella comprensione dei meccanismi evolutivi della web-sfera nei prossimi anni.
1. Le tecnologie, senza un’analisi politica del contesto, non producono cambiamento politico
Morozov spiega in più circostanze come il semplice utilizzo di uno strumento tecnologico innovativo non sia automaticamente un promotore sano di democrazia. Pensate ad esempio agli attacchi DDOS (denial of service). In queste settimane abbiamo imparato a conoscere questa espressione nelle occasioni in cui Anonymous è riuscito ad abbattere le protezioni informatiche di siti governativi, politici o commerciali (ultimo caso: l’attacco a Symantec, l’azienda che produce Norton Antivirus).
L’opinione pubblica di stampo progressista tende a difendere o a tollerare questo genere di azioni, interpretate come una sorta di ribellione informatica allo status quo, ai sistemi economici, ai potentati finanziari. Per alcuni è un modo alternativo di scioperare o di scendere in piazza. Ma se la stessa tecnologia fosse usata in Iran per distruggere un sito di oppositori del governo Ahmadinejad, con quale autorità noi potremmo dire che la stessa azione è giusta se fatta da Anonymous e sbagliata se fatta da un governo autoritario? La differenza, ovviamente, è nelle differenti condizioni politiche di riferimento, ma ciò dimostra la tesi iniziale: è sbagliato parlare di tecnologia in termini assoluti quando il punto di partenza è sempre la politica.
Questo rende limitativo il principio secondo cui ‘i mezzi di comunicazione sono tecnologie neutre‘: non possono essere neutre dove c’è differenza di potere, di conoscenza, di denaro, di coordinamento. I mezzi di comunicazione, vecchi e nuovi, non saranno mai neutri politicamente.
Morozov spiega che questa situazione rende più semplice operare cambiamento in contesti dove le variabili politiche sono più facili da gestire e interpretare: comunità locali, piccole amministrazioni, obiettivi facili da comprendere, legislazione uniforme, attori sociali chiaramente definiti, maggiore difficoltà da parte del ‘potere’ di preservare se stesso rispetto a un’attivazione popolare focalizzata sullo specifico obiettivo (soprattutto in termini di difesa e protezione del consenso elettorale).
2. La potenza degli strumenti non è aprioristicamente di parte ma è uguale per tutti
Questo è il punto in cui ‘L’ingenuità della rete’ è massimamente evidente. La potenza di uno strumento, specie dei social media, sembrerebbe essere più nelle mani di chi ‘promuove la democrazia’, o di chi è convinto di avere ragione, rispetto a chi deve difendere il potere o deve arroccarsi su posizioni illiberali.
Pensate a Hugo Chavez, strenuo oppositore dell'”imperialismo american0″, e ai suoi due milioni e mezzo di followers su Twitter. Qualcuno può opporsi frontalmente e pubblicamente a Chavez online senza correre qualche rischio personale o sociale? Twitter potrebbe mai proteggere gli utenti da azioni intimidatorie nei confronti di un interlocutore di Chavez? E se sì, in nome di chi, di cosa e soprattutto di quale legislazione? E ancora: un tweet di Chavez è letto da una massa critica enorme di utenti; quanto lavoro dovrebbero fare i suoi oppositori per competere o superare con la potenza di fuoco mediatico del Presidente del Venezuela? Chi impedisce a Chavez, inoltre, di assoldare blogger, opinion leader, utenti su Twitter perché diffondano contenuti vicini al potere e “combattano” con gli oppositori per far prevalere le ragioni della propaganda?
Gli strumenti sono disponibili per tutti, non vincono sempre “i buoni”: ancora una volta, serve preparazione politica e serve non sottovalutare mai l’avversario con cui si intende confrontarsi per ottenere un cambiamento sociale.
3. La maggior parte degli attori del cosiddetto ‘web 2.0’ ha sede legale negli Stati Uniti, e questo non è irrilevante
Se il Governo degli Stati Uniti finanziasse Google, Facebook, Twitter in modo diretto o indiretto, stringesse rapporti di collaborazione o se addirittura la diplomazia americana chiedesse ai responsabili legali di questi strumenti di verificare eventuali comportamenti illegali da parte di utenti in Paesi dove ci sono regimi (ad esempio, verifica preventiva per motivi legati alla lotta al terrorismo), come si potrebbe dimostrare che non esiste alcun rapporto tra la politica estera americana e le politiche di gestione delle grandi aziende della Rete?
Provate a immaginare le estreme conseguenze di queste questioni: se gli Stati Uniti attraverso le polizie federali possono accedere in via cautelativa ai dati personali di alcuni utenti americani, come si fa a impedire che la Cina, mossa magari da motivazioni meno nobili di quelli degli Usa, faccia lo stesso? Gli Stati Uniti potranno mai contestare alla Cina un uso eccessivamente disinvolto dei filtri in Rete se gli Stati Uniti si comportano in modo simile (pur se mossi da obiettivi diversi)?
Una legislazione uniforme e globale della Rete è un obiettivo ambizioso, forse è l’unica soluzione a questo ordine di problema, ma il suo raggiungimento è ai limiti dell’impossibile: Stati Uniti, Russia, Cina e Iran dovrebbero, ad esempio, decidere di uniformare le proprie politiche per la trasparenza e la sicurezza e dovrebbero farlo insieme e contemporaneamente.
Per tutte queste ragioni bisogna abbandonare definitivamente l’idea che Internet salverà il mondo ‘per forza’. Non è accaduto con la stampa, col telefono, con la radio e con la televisione sebbene l’avvento di questi strumenti sia stato salutato da una fiducia poi rivelatasi eccessiva nei confronti delle tecnologie.
“L’ingenuità della Rete” può essere riassunto con lucida amarezza in una sola frase e citando lo stesso Morozov:
“La tecnologia cambia in continuazione, la natura umana quasi mai.”