Nell’ordinanza di arresto del Gip di Caltanissetta Alessandra Bonaventura Giunta dell’8 marzo scorso contro Salvatore Madonia, Vittorio Tutino, Calogero Pulci (in carcere) e Salvatore Vitale (ai domiciliari) per la strage di via D’Amelio del 19 luglio del 1992, si delinea un possibile movente dell’uccisione del giudice Paolo Borsellino: la sua opposizione al patto con la mafia per ottenere lo stop delle stragi in cambio di miglioramenti nella legislazione antimafia. Il ‘capo dei capi’ Totò Riina, secondo i magistrati di Palermo, avrebbe accelerato l’uccisione dell’erede di Giovanni Falcone perché poteva essere di ostacolo alla trattativa tra spezzoni dello Stato e i boss. In particolare la mafia chiedeva l’applicazione della dissociazione ai mafiosi che abiuravano, cioé la concessione dei benefici previsti solo per i brigatisti anche ai mafiosi. A rivelare che Borsellino era a conoscenza di questi contatti e di queste richieste è stato il collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo. Poche settimane dopo aver reso ai pm di Caltanissetta le dichiarazioni su Borsellino e sulla trattativa riportate nell’ordinanza di arresto, Gaspare Mutolo aveva rilasciato nel 2010 a Marco Lillo e Udo Gumpel un’intervista poi confluita nel documentario prodotto dal Fatto e pubblicato a luglio del 2010, “Sotto Scacco”. Ne riproponiamo un estratto.
di Marco Lillo