Zeman faceva giocare le sue squadre in maniera spettacolare. Tanta corsa, tanti gol segnati, tanti gol subiti. Che si vinca o che si perda, tutti rimangono soddisfatti dello spettacolo. Dalla Sicilia a Foggia. Da Foggia alla Lazio. Zeman entra nel grande mondo del calcio. Parla poco. Fuma molto. Ha un ghigno sorridente e beffardo stampato sul volto. Ha un velo di tristezza in fondo agli occhi. Alla Lazio mette su uno squadrone. Mai la Lazio ha giocato bene come quando è stata allenata da Zeman. Ha vinto tante partite, ma mai uno scudetto, una coppa. Niente! Via dalla Lazio, che vuole vincere e vincerà, anche sulla pelle delle vittime di Cragnotti. Zeman rivoluziona il mondo e va alla Roma. Stessa storia. Da tifoso, non ricordo di essermi mai divertito tanto come quando Zeman ha allenato la Roma. Eppure anche alla Roma, tante partite da ricordare, nessun titolo.
Questa storia raccontata ai miei figli però non vuole raccontare questo. No. Questa storia vuole raccontare il capolavoro di Zeman. Un giorno Zeman, quando allena ancora la Roma, concede un’intervista a un giornalista di un importante settimanale italiano, “L’Espresso”. Parla di doping. Sostiene che nel calcio il doping c’è e condiziona i risultati e soprattutto la salute dei calciatori. Non si può parlare di queste cose, nel calcio. Una cosa che tutti sanno, ma che non si può dire. Zeman invece la dice, e la ribadisce nel tempo. Il caso, e forse non solo quello, vuole che un magistrato legga questa famosa intervista e decida di andare a vedere. Nasce da lì un processo che arriverà a condannare il medico della squadra più famosa d’Italia, la Juventus appunto, proprio quella per cui tifa da sempre Zeman. Il mondo del calcio si ribella a Zeman. Lo insultano, lo costringono a emigrare in Turchia e nelle serie inferiori, da Avellino a Salerno per tornare ancora a Foggia. I potenti del calcio si accaniscono contro di lui: “parla così perché non è mai riuscito a vincere niente!”. Zeman sta zitto. Sorride beffardo e va avanti per la sua strada, anche in serie C se servisse. Lui sa che non è vero quello che dicono i potenti, lui vince ogni domenica, perché cattura l’attenzione della gente, regalandole una cosa sempre più sconosciuta, ma che anche nel mondo del calcio conta ancora: l’emozione.
E intanto sempre più ex calciatori muoiono poco più che quarantenni, vittime di malattie che vengono ricondotte al doping.
E Zeman va, tra i pochi che se lo possono permettere, a testa alta, incontro alle vittorie, alle sconfitte e ai pareggi che il calcio gli continua a offrire. La gente lo ama. Io lo amo.
Qui finisce la storia. Zeman, i suoi tifosi del Pescara che oggi pomeriggio hanno vinto anche sugli spalti, esponendo il magnifico striscione che dà il titolo a questa storia, e soprattutto i tanti calciatori e bambini, che giocano al calcio e che grazie alla consapevolezza che gli ha regalato Zeman faranno qualche gol di meno ma vivranno molti anni in più, vivranno felici e contenti.