L’India si conferma all’avanguardia nel rapporto tra salute e diritti di proprietà intellettuale. E rischia di fare scuola nel mondo, a tutto discapito delle grandi holding del farmaco. Per la prima volta, infatti, il governo indiano ha permesso a un’azienda locale di produrre un farmaco generico, copia di un medicinale anti-tumorale con brevetto, così che il prezzo possa essere accessibile anche ai malati indiani. Il colosso tedesco Bayer sarà dunque costretto a concedere alla Natco Pharma la licenza obbligatoria per il Nexavar, nome commerciale per il sorafenib, usato nei trattamenti contro il cancro al fegato e ai reni, attualmente venduto a 280mila rupie, pari a oltre 4.200 euro per 120 compresse, la scorta per un mese.
Una cifra esorbitante e irragionevole per le autorità indiane. “Il prezzo è fuori dalla portata dei pazienti”, si legge nelle 62 pagine di motivazioni del verdetto. “Non si tratta di un bene di lusso ma di un medicinale per salvare delle vite. È dunque importante che possa essere alla portata della maggior parte delle persone. E in questo caso neanche l’1 per cento riesce a trarne beneficio”. Il prezzo del farmaco generico prodotto da Natco sarà di 8.800 rupie, ossia 134 euro, il 3 per cento circa del medicinale proprietario. Secondo quanto riferito alla Reuters dal direttore finanziario della società indiana, Baskara Narayana, le vendite dovrebbero fruttare tra 3 milioni e i 4,5 milioni di euro l’anno. Alla Bayer sarà versato il 6 per cento delle royalty sulle vendite.
La società tedesca ha già annunciato ricorso. “Stiamo valutando tutte le opzioni legali per difendere i nostri diritti di proprietà intellettuale in India”, ha detto il portavoce Aloke Pradhan alle agenzie. La decisione deve servire da monito alle case farmaceutiche sulle conseguenze di una politica dei prezzi sbagliata e delle limitazioni alla disponibilità dei medicinali, ha ribattuto da Ginevra l’organizzazione Medici senza frontiere. Le licenze obbligatorie sono previste dal Trips, (acronimo inglese per Accordo sui diritti di Proprietà Intellettuale relativi al commercio) dell’Organizzazione mondiale del commercio. Tali eccezioni, previste in caso di problemi sanitari giudicati prioritari, sono tuttavia state adottate da pochi Paesi, soprattutto Brasile e Thailandia. Nel caso specifico dei medicinali per le terapie antitumorali il governo di New Delhi è in compagnia soltanto di Bangkok.
“L’India è un modello anche per altri Paesi. Sicuramente perché ha un forte potere negoziale, inoltre ha una notevole visione politica di ciò che si può fare o non si può fare in seno agli accordi dell’Omc. Oggi questa sentenza non fa che ribadire i termini di un accordo multilaterale negoziato nel 1995, ma che ancora si fatica a mettere in pratica”, ha spiegato a ilfattoquotidiano.it Nicoletta Dentico, co-direttore di Health Innovation in Practice e consulente per l’accesso ai farmaci per la campagna Sblocchiamoli. L’India si mantiene così coerente con la politica che la portò a essere definita la farmacia dei poveri per le forniture di farmaci generici ai Paesi in via di sviluppo e per non aver concesso brevetti sui medicinali fino al 2005, quando fu costretta dall’adesione ai regolamenti dell’Omc. La protezione non contempla però medicinali già esistenti che vengono modificati. Proprio su questo punto si basa un secondo procedimento che vede coinvolto il governo indiano e una multinazionale della farmaceutica, la Novartis.
A fine marzo la Corte suprema indiana si pronuncerà in merito al brevetto del Glivec, un medicinale contro il cancro prodotto dalla società elvetica. Nel gennaio 2006, su pressione delle aziende di farmaci generici e dell’associazione indiana d’aiuto alle persone malate di cancro, la domanda fu respinta perché il farmaco fu considerato una versione dell’Imantib, che non rappresentava una vera innovazione né aveva un’efficacia maggiore. Tesi che Novartis contesta parlando di “ben più di un miglioramento”; chiedendo all’India di applicare le stesse regole degli altri Paesi produttori di farmaci e sostenendo che i generici messi sul mercato prima del 2005 continueranno a essere disponibili, qualunque sia l’esito del processo. Per le organizzazioni non governative un’eventuale vittoria del colosso farmaceutico significherebbe invece un indebolimento per le aziende dei medicinali generici.
di Andrea Pira