Alla fine Palazzo Marino ha deciso. Simbolo della solidarietà ai due marò arrestati in India sarà un totem da esporre davanti alla sede del comune di Milano. Decisione arrivata con un voto bipartisan dopo più di tre ore di bagarre in Aula. E a conclusione di una settimana di polemiche su come sostenere la causa di Massimo Latorre e Salvatore Girone, accusati di avere ucciso lo scorso 15 febbraio due pescatori, mentre erano in missione anti pirateria sulla petroliera Enrica Lexie.
Da una parte le accuse di “vetero anti-militarismo” lanciate dal Pdl contro la sinistra che sette giorni fa non ha votato a favore di uno striscione da appendere sulla facciata di Palazzo Marino. Dall’altra la fermezza dei consiglieri di Sel, Fds e lista civica per Pisapia nel rifiutare un’iniziativa che di solito viene presa per gli italiani rapiti da criminali, non per chi è detenuto a seguito di “un arresto ordinato dalla magistratura di uno Stato democratico”, ha ribadito la capogruppo di Sel, Patrizia Quartieri. Anna Scavuzzo, della lista civica per Pisapia, ha presentato un emendamento che invece dello striscione concedeva un totem da esporre nell’atrio, dove quasi nessuno avrebbe potuto vederlo. Soluzione inaccettabile per il Pdl. Così è saltata quasi subito la mediazione condotta dalla capogruppo del Pd Carmela Rozza che aveva portato perlomeno a un accordo sulla frase da scrivere sotto le due foto: “Riconsegnate Massimiliano Latorre e Salvatore Girone allo Stato italiano”. Via la parola “marò”, quindi. E via il “salviamo” dello striscione che venerdì scorso l’ex vice sindaco Riccardo De Corato aveva srotolato dalla finestra del suo studio in galleria Vittorio Emanuele, alla presenza dell’ex ministro della Difesa Ignazio La Russa e dell’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Daniela Santanchè.
“Non tolleriamo che sia messo un bavaglio alle espressioni di solidarietà ai nostri militari”, aveva gridato in settimana De Corato. “Ci hanno dato una visibilità italiana, forse mondiale, visto che l’altra volta non hanno votato a favore della scritta”, ridacchiava invece ieri il consigliere del Pdl, sottolineando le indecisioni della sinistra. A un certo punto nei corridoi di Palazzo Marino è passato pure La Russa. Cinque minuti di apparizione, tanto per ribadire il concetto e mettere il cappello sulla solidarietà ai marò: “Il manifesto ci sarà, perché la maggioranza si è resa conto di avere fatto harakiri. Ora hanno dovuto abbassare la testa”, ha detto con sicurezza l’ex ministro, quando il dibattito in Aula non era nemmeno a metà. In un clima surreale è intervenuto pure il sindaco Giuliano Pisapia che, reduce dall’incontro di domenica con il console indiano Sanjay Kumar Verma, ha annunciato che la giunta non avrebbe dato alcun parere sulla mozione, ma si sarebbe rimessa all’Aula. “E’ ostaggio dell’estrema sinistra che non vuole lo striscione”, hanno subito accusato i consiglieri dai banchi del Pdl.
Tra chi voleva lo striscione sulla facciata e chi voleva il totem nell’atrio, il leghista Matteo Salvini ha detto la sua in rima, con un emendamento pro totem, purché fosse “alto e verde, per sottolineare l’importanza e dare speranza”. Prima di abbandonare l’Aula con gli altri lumbard, denunciando “lo spettacolo squallido offerto dal Consiglio sulla pelle di due persone”. Si è riusciti ad arrivare al voto finale solo quando il totem si è spostato da dentro Palazzo Marino a fuori. Favorevole pure il sindaco, mentre i consiglieri di Sel e Anita Sonego di Fds sono usciti dall’Aula. Astenuti Marco Osnato (Pdl) e Mattia Calise del Movimento 5 stelle. Che, forte di un sondaggio web che dava al 54% chi riteneva la solidarietà ai marò materia non di Consiglio comunale, ha definito le oltre tre ore di dibattito “puro marketing politico”.