Il database dove saranno raccolte tutte le informazioni si chiamerà “archivio delle persone oneste”. Per il momento la polizia potrà accedervi solo dopo la richiesta a un giudice, ma non è escluso che in futuro le finalità dell'elenco possano essere estese
Alla fine è passata la linea morbida del Senato, a maggioranza di centrosinistra. L’archivio potrà avere esclusivamente finalità amministrative. La polizia potrà accedervi soltanto dopo la richiesta di un giudice per verificare l’avvenuta archiviazione di un’impronta o eventualmente risalire all’identità di un cadavere nei casi, ad esempio, di catastrofi naturali. In questo modo, spiegano i promotori, si potranno prevenire i reati connessi all’usurpazione dell’identità. L’Assemblea nazionale (dove la maggioranza è del centrodestra) voleva che anche le forze dell’ordine avessero accesso a questo archivio.
Sono evidenti i problemi che uno strumento del genere pone sotto il profilo delle libertà individuali. I critici hanno sollevato dubbi sulla necessità di quella che, a ben vedere, somiglia ad una schedatura indiscriminata della popolazione, per far fronte a dei crimini tutto sommato molto circoscritti. L’obiettivo è infatti quello di prevenire le infrazioni rese possibili dalle “appropriazioni di identità”. Owni.fr ha pubblicato i dati dell’Osservatorio nazionale sulla delinquenza relativi alle frodi connesse all’utilizzo di documenti falsi. Poco più di 13.000 i reati accertati nel 2010. Di questi, 6.342 riguardano i falsi documenti di identità, categoria che comprende oltre le carte d’identità, visti, titoli di soggiorno, patenti, passaporti. Più nello specifico, la polizia di frontiera ha accertato solo 651 casi di utilizzo fraudolento della carta d’identità.
Secondo Jean Marc Menach, giornalista esperto di privacy e tecnologie di sorveglianza, la creazione della nuova carta d’identità biometrica sarebbe in realtà una sorta di spot promozionale per le industrie francesi leader in questo settore. Come la Morpho, società transalpina che ha il suo core business proprio nelle soluzioni per l’archiviazione e l’utilizzo delle impronte digitali. Con il nuovo documento elettronico, le aziende francesi otterrebbero una certa visibilità da spendere su altri mercati. Insomma, la legge sarebbe il risultato di un efficiente lavoro di lobbying. “Quello che ho capito – scrive Menach sul suo blog ospitato da Le Monde – è che ha vinto la Gixel (Gruppo di società francesi di componenti e sistemi elettronici, ndr), questa lobby delle società dell’elettronica che aveva già proposto l’utilizzo di sistemi di identificazione biometrica a partire dalla scuola materna: 14 dei 31 esperti sentiti dal Senato per valutare la legge sono proprio industriali della Gixel”.
Che lo schedario possa subire in futuro un allargamento delle finalità per cui è nato non è da escludere. A tale riguardo la storia del Fnaeg è paradigmatica: l’archivio nazionale delle impronte genetiche era nato per conservare i dna dei colpevoli, o degli indagati per crimini sessuali. Legge dopo legge, l’archiviazione del profilo genetico è stato resa obbligatoria per la quasi totalità dei reati contro cose o persone. Oggi conterrebbe, secondo fonti non ufficiali, le informazioni genetiche di circa 2 milioni di francesi, oltre il 70 per cento dei quali inscritti solo perché indagati. A seconda dei casi, i dati vengono conservati tra i 25 e i 40 anni.
di Francesco Sellari