La visita di Angela Merkel a Roma era saltata due volte, alla fine è arrivata nel momento più opportuno per Mario Monti, proprio quando il suo governo sembra un po’ in affanno. Tre volte sotto alla Camera, niente di decisivo ma sono segnali, costretto a rinunciare alla riforma della Rai, arrivato allo scontro con i sindacati sulla riforma del mercato del Lavoro (tanto che lunedì all’incontro decisivo Monti gestirà la trattativa in prima persona). E allora ecco la Cancelliera Merkel che arriva a Roma e in conferenza stampa subito esprime “ammirazione per le coraggiose azioni del governo Monti”. Ma gli elogi al cambio di fase ormai sono abituali e, come ha scritto l’Economist, “non sono tutti da attribuire a meriti innati di Monti”, ma anche al fatto che i nostri partner aspettavano con ansia di avere un interlocutore diverso da Silvio Berlusconi.
Questa volta c’è di più, per chi decodifica il gergo europeo: quella di ieri è una vittoria montiana su tutta la linea. Certo, la Merkel si è concessa l’ennesimo riferimento ai “compiti a casa” che tutti devono fare “per eliminare gli squilibri”. Ma per il resto è una conversione alla linea della crescita di cui Monti è stato il grande sostenitore in questi mesi, d’intesa con il presidente americano Barack Obama.
“Al centro del vertice europeo di giugno ci sarà la crescita, servono misure concrete e specifiche per contrastare la disoccupazione”, dice il cancelliere. Monti sorride soddisfatto e annuncia per l’estate un vertice a due a Roma, tra Italia e Germania. “Con la Francia chiusa per elezioni devono dimostrare che l’Europa ha un motore italo-tedesco”, commenta Sandro Gozi, parlamentare del Pd che ha lavorato a lungo a Bruxelles. La Merkel usa anche le parole chiave che certificano l’omaggio a Monti, parla del problema di essere “più competitivi con i nostri concorrenti”, concede un accenno al “mercato unico”, da sempre il pallino di Monti quando si parla di politiche europee. Monti è soddisfatto, nella minuscola stanza di Palazzo Chigi dove da qualche tempo il governo ammassa giornalisti e cameramen per le conferenze stampa, dopo aver abbandonato quella tradizionale del piano terra.
Il presidente del Consiglio negli ultimi mesi ha lavorato molto per ottenere il risultato diplomatico di ieri: prima la visita Londra per recuperare David Cameron, rimasto isolato per aver messo il veto sul fiscal compact, il trattato internazionale sui vincoli di bilancio imposto dalla Germania. Poi la visita a Washington e infine la “lettera dei dodici”, firmata dai capi di Stato e di governo che hanno costituito il fronte anti-Merkel per la crescita e contro gli eccessi di rigore. Il culmine ieri, con la Merkel che scandisce: “Noi vogliamo migliorare la capacità competitiva e la crescita dell’Europa”. Vittoria completa? Sicuramente dal lato della diplomazia, con Monti omaggiato dall’offerta del lussemburghese Jean-Claude Juncker di lasciargli la presidenza dell’eurogruppo, il coordinamento dei ministri economici della zona euro (“ogni riferimento alla mia persona lo prendo come segno di rispetto per l’Italia e il suo governo, ma le pare che un presidente del Consiglio italiano possa assumere altri compiti?”, risponde a un giornalista).
Però poi ci sono i temi concreti: Angela Merkel ribadisce che entro giugno devono essere approvati assieme i trattati internazionali del fiscal compact (i vincoli di bilancio imposti da Berlino) e quello che istituisce il fondo Salva Stati Esm (che Berlino ha subito). Bastone e carota. Ma sulle risorse a disposizione dell’Esm non si tratta, restano 500 miliardi, nonostante da mesi Monti chieda di aumentarle. Con meno di 1000 miliardi, lo ha detto anche il Fondo monetario, la rete di sicurezza attorno a Spagna, Italia e Portogallo ha troppi buchi. E a livello della Bce è in corso uno scontro violento: il capo della Bundesbank, la banca centrale tedesca, Jens Weidmann è andato all’attacco di Mario Draghi perché con i suoi prestiti di 1.000 miliardi alle banche sta caricando di troppi rischi l’istituto di Francoforte. Draghi si è difeso ieri da Parigi: nella zona euro si vedono “chiari segnali di stabilizzazione” e “non si stanno materializzando rischi di inflazione”. Ma la tensione con Berlino resta. Così come sulla Grecia: il secondo piano di aiuti, da 130 miliardi, ha avuto il via libera dalla Commissione Ue. Ma la Germania sta già facendo resistenza a un terzo pacchetto di aiuti che sembra inevitabile. Monti ha pochi mesi per tradurre in risultati concreti su questi dossier il successo diplomatico di ieri.
Twitter @stefanofeltri
Il Fatto Quotidiano, 14 Marzo 2012