Nelle carte della Procura le commesse ai familiari del primo cittadino di Bari e le pressioni su Enrico Letta per modificare il "Milleproroghe" da parte del gruppo di imprenditori coinvolti nell'operazione che ha portato all'arresto del consigliere regionale del Pd e di altre 7 persone
Il riferimento è agli ex assessori Ludovico Abbaticchio e Simonetta Lorusso. E torniamo alla Nitti e alla sua scelta. “Gli elementi acquisiti – scrivono i pm Renato Nitti e Francesca Romana Pirrelli – confermano che la scelta del sindaco Emiliano non era fondata da ragioni di valorizzazione delle professionalità ma, al contrario, dalla piena capacità di Nitti di soddisfare le esigenze della politica e le specifiche pressioni dei Degennaro”. Una descrizione confermata dalle parole dell’ex vicesindaco Martinelli che, parlando con Nitti, dice: “Tu alla fine qualche volta, non è che fai atti illegittimi, però fino al massimo ci arrivi (…). In fondo non è che chiediamo la luna nel pozzo…”. Ed ecco il ritratto che, di Nitti, fa la Procura di Bari: “E’ un sodale dell’associazione. Il suo ruolo di dirigente apicale è di fondamentale importanza per il compimento del disegno criminoso. Nel suo ufficio si sono tenute molte delle riunioni riservate dell’associazione, per definire le strategie per aggiudicarsi illecitamente gli affidamenti dei lavori pubblici e garantirne l’immunità”.
Questo è il dirigente scelto dal sindaco Emiliano, dall’ex pm antimafia che, della legalità, ha sempre fatto la propria bandiera. Il suo staff spiega che, essendo distaccata dal Comune di Taranto, la signora Marzia non poteva essere riconfermata. Il che non giustifica certo la scelta di Nitti, che fu trasferito d’incarico, sì, ma solo nel 2009, quando l’inchiesta sugli appalti alla Dec divenne pubblica. E ottenne l’incarico, su scelta del sindaco, proprio perché esaudiva i desideri d’imprenditori e politici. A meno che Emiliano non sia stato preso in giro, oltre che da Nitti, anche da Martinelli, cioè il suo vice, che disquisiva sulla “luna nel pozzo”.
Anche perché, proprio sulle opere pubbliche affidate alla Dec, secondo l’accusa, Emiliano confidava d’accrescere il proprio consenso politico. Ed è proprio Martinelli a definire, questi benefici, come un “regalo”. Il sindaco cerca di favorire, però, anche l’immagine degli imprenditori, che vengono pubblicamente rappresentati come dei “benefattori” nonostante a volte – si legge negli atti – “l’opera fosse remunerata e illegittimamente aggiudicata a loro vantaggio“. Un giardino pubblico, inaugurato nel gennaio 2005, fu chiuso per inagibilità il giorno dopo. In effetti, un regalo Emiliano lo riceve dai Degennaro per Natale: “Champagne, vino e formaggi, quattro spigoloni, venti scampi, ostriche imperiali, cinquanta noci bianche, cinquanta cozze pelose, due chili di allievi locali di Molfetta e otto astici”. Un peccato davvero veniale. Ben altro peso politico, invece, hanno le commesse affidate dai Degennaro all’omonimo cugino del sindaco, Michele Emiliano, che nel 2007, “nell’ambito dei lavori di realizzazione del centro direzionale del San Paolo“, ottiene dalla Dec una commessa “dell’importo di 1,7 milioni di euro”.
Gli imprenditori s’interessavano anche agli affari di suo fratello, Alessandro Emiliano, come dimostra un’altra intercettazione. Simone Degennaro, dopo aver incontrato Alessandro, spiega al padre: “Ho parlato, anzi, vedi che… si può far lavorare, perché… c’ha una ditta, che fa tipo celle frigorifere, cose per cucine grosse, supermercati (…), ristoranti (…) Ladisa ha preso l’appalto alla Farnesina e lui gli sta fornendo le cucine. (…) Gli ho parlato di Villa Camilla: ‘Vedi che… a Villa Camilla, mio zio vuole fare tutte queste cose all’aperto, cioè nel senso non vuole fare una cucina chiusa, ma vuole farle aperte, per cui c’è tutto questo discorso…'”.
“L’azione di Vito Degennaro – scrive l’accusa – poteva vantare illustri conoscenze di esponenti del governo: gli onorevoli Mario Lettieri e Francesco Boccia“. E infatti nel 2007 i Degennaro provano (inutilmente) a interferire anche sulla politica nazionale, per ottenere, attraverso il consigliere economico di Enrico Letta, Francesco Boccia, un emendamento al “” che danneggiava i loro interessi.
di Antonio Massari e Valeria Pacelli
da Il Fatto Quotidiano del 15 marzo 2012