È giusto che in democrazia chi viene apprezzato solo dall’8 (o 4) per cento degli elettori possa controllare il cento per cento delle Camere? È ciò che ci aspetta tra un anno quando, Monti o non Monti, si dovrà eleggere il nuovo Parlamento.
“Si dovrà” è l’espressione più appropriata al tempo della politica rinnegata e dei partiti gonfi di denaro pubblico (troppo spesso amministrato da ladri matricolati), blindati nei loro intoccabili privilegi, ma soprattutto incapaci di portare a termine i loro compiti quando non addirittura responsabili di catastrofi finanziarie come quella che ha condotto l’Italia a un passo dal default. Adesso che (forse) il pericolo sembra scampato, questi bei tomi rialzano il capino, accusano di “spocchia” il governo dei tecnici e annunciano (anzi minacciano) trionfanti: “Stiamo tornando” (Gasparri e D’Alema).
Perché mai, allora, una persona di normale moralità e buon senso, non affiliata a cricche e non foraggiata dai vari Lusi, dovrebbe recarsi festosamente alle urne per deporvi una scheda che, nel migliore dei casi, servirà a far eleggere un piffero indicato dal sinedrio partitico e nel peggiore riporterà a Palazzo gli stessi lestofanti già salvati dalla galera dai loro stessi sodali di casta o tutelati da qualche “innovativa” sentenza della Cassazione? Ci sembra di sentire gli alti lamenti levarsi a difesa dei partiti “previsti dalla Costituzione” e dove “qualche mela marcia non può far dimenticare i tanti che lavorano per il bene della collettività” bla bla bla. Alle “mele sane”, che certamente sono tante e degne di rispetto, vorremmo sommessamente spiegare che, fino a quando non faranno qualcosa di energico e visibile per distinguersi dai delinquenti, nella percezione pubblica saranno accomunati nello stesso cesto e apprezzati da qualche amico o parente: l’8 (o 4) per cento per l’appunto. Il cesto è quel partito unico nazionale (Pun) che ingaggia penose guerre dei bottoni solo per sgraffignare qualche voto in più alle prossime amministrative.
E non date neppure retta agli alterchi su Rai e Giustizia tra Alfano, Bersani e Casini in vista del vertice di oggi con Monti. Sulle tv, come ha spiegato Gad Lerner a L’Infedele, l’obiettivo comune di ABC è non mollare di un centimetro e di un minuto le apparizioni nella miriade di talk show che per i politici, avendo essi smesso di parlare con la gente e di impegnarsi su buone leggi, resta l’unico modo (ancorché in caduta progressiva di ascolti) per certificare la propria esistenza in vita. Quanto alla Giustizia, già si riparla di una legge sulle intercettazioni per consentire ai parlamentari collusi con mafia e mazzette di dormire sonni tranquilli.
Vedrete che, tacitato il sinedrio, il governo Monti-Fornero-Passera potrà dedicarsi senza ulteriori disturbi alla decisa potatura di Welfare e diritti dei lavoratori: il mandato che viene dall’Europa. Non siamo pessimisti, cerchiamo solo di prefigurare il futuro che ci attende, dove alla democrazia “sospesa” potrebbe sostituirsi la democrazia “scippata”. I rimedi non mancano e più volte ne abbiamo parlato su queste pagine.
Un meccanismo obbligatorio delle primarie, per esempio, che costringa i partiti a scegliere i candidati più apprezzati e non quelli più fedeli. La creazione di liste civiche che portino alla ribalta tanti giovani amministratori di destra e di sinistra finora schiacciati sotto il tappo dei soliti inamovibili leader. Oppure chiedere alle forze apparentemente schierate contro “questa” politica (Idv, Sel, Cinque Stelle e poco altro) di togliere spazio al personale di apparato, per darlo ai “migliori” che nelle professioni o nel mondo universitario e della cultura intendano dedicarsi a quello che una volta si chiamava “il bene comune”. Utopie? Castelli in aria? Forse. Ma sempre meglio che lasciare le istituzioni nelle mani di questi qua. Il dibattito è aperto.
Il Fatto Quotidiano, 15 Marzo 2012