E’ qualcosa su cui riflettere. Viviamo in un paese in cui la possibilità o meno di stabilizzare diecimila insegnanti potrebbe dipendere da quanta birra si riesce a vendere in un anno. Per fortuna, la proposta di finanziare l’ampliamento degli organici scolastici con le accise sull’alcool è stata presto archiviata per lasciare il posto a una vera misura strutturale. Secondo gli ultimi comunicati, infatti, i futuri fondi destinati all’autonomia delle scuole saranno ricavati da una ben più stabile e meritevole sorgente di reddito: i “giochi di Stato”!
Cari genitori italiani, è bene che cominciate a organizzarvi: se vi aspettate una didattica personalizzata per studenti con esigenze particolari, se l’escalation di bullismo minorile vi allarma a tal punto da vagheggiare istituti attrezzati per la prevenzione del fenomeno o se più semplicemente vi piacerebbe che ci fosse un numero sufficiente di insegnanti per alunno, allora potrebbe non restarvi altra alternativa: dovrete darvi al gioco d’azzardo. Del resto, la motivazione è nobile, e se qualcuno ci trovasse da ridere sarebbe facile zittirlo. Potreste giustificarvi dicendo che non lo fate per voi, bensì per le nuove generazioni, il futuro dell’Italia.
“Gratta e studia”: questo è per il momento l’unico piano di finanziamento della scuola pubblica che è riuscito a immaginare il nostro “governo dei tecnici”.
Di fronte a queste notizie, ogni volta si ripropone il dilemma che ci affligge da vent’anni: ridere o piangere? L’alternativa, per uscire dall’empasse, sarebbe indignarsi. Ma molti non ne hanno più la forza. Scioperi, proteste, negoziazioni tutto sembra rimbalzare contro il muro di gomma della politica e dell’informazione. La domanda, però, è più che legittima: questo governo ritiene che l’istruzione sia un settore strategico oppure no? Se la risposta è sì – e non potrebbe essere altrimenti – allora bisognerebbe fare lo sforzo di elaborare un piano di finanziamento della scuola a medio e lungo termine, che non sia legato alle vendite ondivaghe di determinati beni, ma che sia garantito in modo prioritario indipendentemente dalle entrate annuali. Un piano di finanziamento che, ad esempio, potrebbe cominciare con il reinvestire nell’istruzione gli eventuali soldi risparmiati dalla fantomatica Tav low-cost o dalla riduzione dei cacciabombardieri F-35. E’ una verità talmente evidente che ci si sente stupidi persino a scriverlo. Eppure, ormai, la politica a questo ci ha ridotto: a dover difendere e ribadire l’ovvio come se fosse qualcosa di insensato e quindi confutabile.
Nel giorno in cui Roberto Saviano ha parlato della sacralità degli insegnanti, verrebbe da porsi anche un ultimo interrogativo: davvero non c’era un’altra voce nel bilancio dello Stato a cui legare il destino delle nostre scuole? Davvero in questo Paese il diritto allo studio – perché di questo si tratta – deve essere pagato dalla birra o dalle lotterie? Sarebbe bene ricordarcelo: a volte la forma vale quanto la sostanza, e questa è una di quelle volte. Accidenti, se lo è.