Si chiama “Diritto di scelta”, e alla petizione hanno già firmato in 6mila in tutta Italia. Tra loro ci sono anche nomi di peso come Gino Strada, Ascanio Celestini, don Andrea Gallo, Alex Zanotelli e Don Ciotti. Per non parlare dei politici, da Nichi Vendola al sindaco di Napoli De Magistris. La richiesta è di quelle impegnative: il rilascio immediato di un titolo di soggiorno umanitario ai migranti arrivati l’anno scorso dalla Libia. Venticinquemila in tutta Italia, trecento solo nella città di Bologna. Tutti a rischio clandestinità.

Sbarcati l’anno scorso sulle coste italiane durante il conflitto libico, a migliaia sono stati affidati al “Piano di Accoglienza”, dato dal Governo in gestione alla Protezione Civile. A seconda della zona d’Italia sono stati presi in carico da un’associazione piuttosto che da un ‘altra. “Trattamenti differenziati e standard disomogenei”, spiega l’appello. Comunque uno sforzo economico non indifferente per fornire ai migranti assistenza, vitto, alloggio, corsi di lingua e altre iniziative. In tutto un migrante costa allo Stato tra i 30 e i 40 euro al giorno. Considerando che la media di permanenza dei 25mila arrivati dalla Libia è di 6 mesi fare i conti è facile. L’8 luglio scorso a Bologna 30 di loro furono accolti in pompa magna a Palazzo D’Accursio e fatti accomodare sui banchi del Consiglio comunale.

Già allora, intervistati dai giornalisti, più che rispondere ponevano domande: “Perché non possiamo continuare il nostro viaggio? Come facciamo a trovare un lavoro? Cosa ci succederà?”. Sono passati quasi 10 mesi, e per loro l’incertezza sul proprio futuro è l’unica costante. In città un centinaio sono stati ospitati ai Prati di Caprara. I loro racconti sono impressionanti: pasti pessimi, riscaldamenti quasi sempre spenti, un grado di autonomia quasi nullo e corsi e assistenza legale forniti da volontari non pagati. “Non fanno nulla tutto il giorno e alcuni sono prossimi alla depressione. Se tutto quello che raccontano fosse vero, che cosa se ne è fatto il gestore di 40 euro al giorno per ciascuno di loro?”, si chiede una delle volontarie della scuola di italiano del Tpo.

Alla manifestazione di oggi di fronte alla Prefettura di Bologna hanno partecipato in una cinquantina. Per richiedere per tutti un permesso di soggiorno che non lasci i singoli di fronte al giudizio delle varie commissioni territoriali che giudicheranno sulla loro domanda d’asilo. “Per coloro che non hanno la cittadinanza libica – spiega una volontaria – il rigetto della domanda è quasi certo. Quasi tutti i 25 mila  lavoravano in Libia solamente dopo essere arrivati da un po’ tutto il nord e centro Africa”. Mali, Ciad, Sudan, Costa d’Avorio, Eritrea, Ghana, Somalia. Ma anche Bangladesh o Pakistan. Tutte persone costrette dalla guerra a lasciare un paese dove magari vivevano da decenni. Vuoi per i bombardamenti Nato, vuoi per le milizie del raìs che li usavano come mezzo di pressione sull’occidente, e che per questo costringevano molti di loro a imbarcarsi sulle carrette del mare con direzione Sicilia.

“A Bologna le commissioni non hanno ancora iniziato il lavoro, ma in Italia stanno rigettando moltissime richieste di asilo”. Il perché è presto detto. “Viene valutata la situazione del paese d’origine e non quella della Libia dove loro vivevano e lavoravano – spiega una volontaria della scuola di italiano Kalima – Se riceveranno un “no” dalle commissioni non è di certo logico pensare che tutte queste persone se ne torneranno a casa. Semplicemente resteranno in Italia come clandestini. Non è un rischio all’orizzonte, è la semplice realtà”. Con tutto quello che ne può seguire. Dalla facilità per cui chi è clandestino si avvicina ad attività criminose (visto che senza un permesso di soggiorno non si può trovare lavoro) all’oggettivo spreco di tutti i soldi pubblici usati per formazione e accoglienza. “Il permesso umanitario – spiega Neva Cocchi della Scuola migranti del Tpo – serve per dare loro un diritto di scelta: costruirsi una vita degna in Italia o andarsene all’estero, magari in nord Europa come alcuni di loro vorrebbero. Senza il permesso ci sarà solo la clandestinità”.

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