La Cassazione entra a gamba tesa nell’attività del distretto giudiziario di Caltanissetta per verificare – caso senza precedenti nella storia dell’antimafia – se il pg nisseno Roberto Scarpinato abbia svolto correttamente il suo compito di controllo sulla procura di Sergio Lari e sul gip Alessandra Giunta nell’inchiesta sulla strage di via D’Amelio.
Nella nota diffusa stamane, il pg della Suprema Corte Vitaliano Esposito (che due giorni fa aveva chiesto l’invio di una copia dell’ordinanza di custodia cautelare con la quale il gip Giunta ha ricostruito la nuova dinamica dell’uccisione di Borsellino) ha parlato di un’iniziativa legata esclusivamente all’attività di “vigilanza’’. Ma non è escluso – come anticipato dal Fatto Quotidiano – che la trovata del pg Esposito, magistrato che ha il potere di attivare l’azione disciplinare sui colleghi, possa essere l’anticamera di iniziative di carattere sanzionatorio. L’attenzione della Cassazione potrebbe essere, infatti, rivolta alla tutela della privacy dei tanti nomi eccellenti contenuti nell’ordinanza di custodia cautelare del gip Giunta, di cui sono riportate le deposizioni, ma soprattutto le tante contraddizioni. Si tratta di quei rappresentanti delle istituzioni che vengono indicati dagli inquirenti come i “protagonisti’’ della trattativa mafia-Stato, pur senza essere formalmente indagati. Tra loro, gli ex ministri della Giustizia Claudio Martelli e Giovanni Conso, l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, gli ex presidenti del consiglio Giuliano Amato e Carlo Azeglio Ciampi, l’ex presidente dell’Antimafia Luciano Violante.
Il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, raggiunto oggi in vacanza dalla nota della procura generale, si dice “disorientato”: “Non riesco a cogliere quali siano i profili disciplinari in un’ordinanza che invece dovrebbe essere elogiata’’. Ma a Caltanissetta qualcuno ha già tirato fuori il decreto (n. 109 del 2006) che fissa gli illeciti disciplinari dei magistrati nell’esercizio delle loro funzioni. Il timore è che il pg della Cassazione possa rilevare, nell’atto giudiziario del gip Giunta, la violazione descritta alla lettera U: ovvero “la divulgazione, anche dipendente da negligenza, di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione, nonché la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione, o sugli affari definiti, quando e’ idonea a ledere indebitamente diritti altrui’’, ovvero dei soggetti che non sono parte del procedimento.
Quello che si sa, al momento, è che la richiesta di invio dell’ordinanza su via D’Amelio, da parte del pg Esposito, conteneva la copia allegata di un articolo di stampa, a firma di Marco Travaglio, pubblicato su il Fatto Quotidiano del 9 marzo scorso. Nell’articolo, si faceva ampio riferimento alla svolta del gip Giunta che per la prima volta ha messo il bollo giudiziario sull’esistenza della trattativa mafia-Stato. Dall’ordinanza su via D’Amelio emerge, infatti, che il dialogo tra le istituzioni e Cosa nostra non solo c’è stato, ma è “una possibile chiave di lettura del contesto in cui è maturata l’eliminazione di Borsellino”, anche se “nessuna responsabilità è stata accertata a carico di personalità politico – istituzionali” nel disegno criminale stragista. E’ questo che ha scatenato la curiosità della procura generale della Suprema Corte? “Non ricordo ci siano precedenti analoghi, credo anzi che non ce ne sia neppure uno – dice Giovambattista Tona, il presidente dell’Anm nissena che per dieci anni ha fatto il gip nel distretto di Caltanissetta. E aggiunge: “Il provvedimento della collega Giunta si fonda su una richiesta della procura che contiene una mole impressionante di dati e valutazioni doverose dei magistrati su un fatto inquietante come e’ la strage di via D’Amelio. Credo sia il caso di aspettare serenamente l’esito del pg della Cassazione dato che il lavoro de colleghi e’ stato svolto con il massimo rigore, in un clima difficile, come è quello che ha caratterizzato l’indagine su via D’Amelio’. Un clima che, adesso, si fa ancora più pesante.
di Giuseppe Pipitone e Sandra Rizza