Periodicamente gli Ogm tornano ad affacciarsi nella discussione pubblica italiana. Questa volta ad innescare le immancabili polemiche è stata una intervista del Ministro Corrado Clini al Corriere. Che cosa ha detto di tanto scandaloso Clini? Niente. Che “gli Ogm possono portare benefici”. Una cosa che in campo scientifico, almeno per alcuni specifici casi, è già accettata da tempo, e ne ho parlato più volte qui sul blog de Il Fatto Quotidiano (qui, qui e qui ad esempio), ma che se si dice apertamente si viene come minimo additati come agenti delle perfide multinazionali, nemici della biodiversità, avvelenatori e chissà che altro. Clini sostiene che si debba aprire una seria riflessione sull’utilizzo di queste tecnologie basata sulla razionalità e non sull’emotività, e che la ricerca in questo campo debba ripartire. Ricerca italiana, fatta in Italia per le nostre esigenze. Ricerca che in Italia è bloccata in vari modi dai tempi di Pecoraro Scanio. Clini per altro, da Ministro dell’ambiente, parla di ricerca su piante che possono avere interesse non alimentare ma questo non è servito a parare le polemiche. Clini nell’intervista fa qualche confusione quando associa l’ingegneria genetica a prodotti come il basilico ligure o la cipolla di Tropea, che non sono transgenici e neanche mutati con radiazioni, come invece è il grano duro. Sarebbe stato meglio parlare di “miglioramente genetico” per non offrire il fianco alle critiche. È però vero che anche per i prodotti tipici queste tecnologie potrebbero essere di aiuto (per chi è interessato consiglio la lettura del libro “Biotecnologie per la tutela dei prodotti tipici italiani” scaricabile gratuitamente).
Il livello della discussione seguita all’intervista di Clini è penosamente basso. Per dire, c’è chi come la Senatrice Mongiello (Pd) membro della Commissione Agricoltura, confonde gli “innesti” (sic.) con gli incroci. Membro della Commissione Agricoltura! E il governatore Zaia si produce in un allucinante “gli Ogm spesso migrano sulle specie vicine non Ogm attraverso l’impollinazione”. Ha visto troppi film di fantascienza forse. E costui era ministro dell’agricoltura?
Lasciando quindi perdere l’ignoranza scientifica della nostra classe politica (c’è ancora chi pensa erroneamente che gli Ogm siano sterili) volevo offrire ai lettori una piccola FAQ, come si dice su internet, una serie di domande e risposte sugli Ogm e l’Europa, punto di partenza dell’intervista di Clini al Corriere.
Qual è la situazione in Europa?
Si dice spesso che l’Europa è contraria agli Ogm, ma non è corretto. L’Europa è spaccata in due: c’è un blocco di paesi che sono favorevoli agli Ogm, capitanati dalla Spagna che coltiva mais OGM da molti anni, e c’è un blocco di paesi contrari, come l’Austria e la Francia.
E questo cosa comporta?
Quando si sottopone un Ogm all’autorizzazione, dopo essere passato al vaglio scientifico dell’EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), a livello politico serve sia una maggioranza qualificata dei ministri dei paesi membri l’approvazione che una maggioranza qualificata per la bocciatura. Sono più di 10 anni che nelle istituzioni europee c’è una situazione di stallo perché non si raggiunge mai né una maggioranza qualificata per l’approvazione né per la bocciatura. A questo punto la palla passa alla Commissione Europea che deve decidere, e solitamente la tira per le lunghe il più possibile (anche anni) per non prendersi la responsabilità di decidere. Quando il tempo sta per scadere solitamente segue le raccomandazioni dell’EFSA. Tutti sono più o meno scontenti di questo stato di cose, sia i paesi favorevoli agli Ogm che i contrari.
Quindi ci sono vari Ogm approvati in Europa?
Sì, ve ne sono molti approvati per il commercio e il consumo umano e animale. L’Europa importa quantità enormi di Ogm (soia e mais) da usare come mangime animale. E’ perfettamente legale e non vi sono controversie su questo.
Anche in Italia?
Certamente, anche in Italia. La grande maggioranza degli animali italiani di allevamento per produrre latte, carne, salumi, formaggi (anche DOP), uova, yogurt e così via sono alimentati con mangimi contenenti Ogm. Venduti comunemente nei consorzi agrari (magari anche di organizzazioni che pubblicamente avversano questi prodotti).
E come mai non è scritto in etichetta?
La legislazione Europea ipocritamente non prevede che venga segnalato l’uso di Ogm come mangime animale, per paura di danneggiare commercialmente i propri prodotti.
Su cosa verte allora la controversia ?
Verte sulla possibilità di coltivazione di questi prodotti. I favorevoli sostengono che sia illogico importare questi prodotti dall’estero (da Argentina, Brasile e USA soprattutto) e impedire ai nostri agricoltori di coltivarli qui accorciando la filiera. I contrari invece ritengono di poter trarre un vantaggio commerciale nel dichiararsi Ogm free (vantaggio per altro tutto da dimostrare), anche se come detto noi importiamo Ogm. Però non lo dobbiamo dichiarare in etichetta. Sono solo due gli Ogm ammessi alla coltivazione in Europa: un mais e una patata.
Un Ogm approvato in Europa si può vietare localmente?
Solo con motivazioni scientificamente provate che riguardino esclusivamente la salute umana e l’ambiente. E non basta una ipotetica possibilità ma deve essere individuato, con studi scientifici seri, il rischio preciso. Nessuna delle motivazioni fino ad ora portate dai paesi contrari è resistita al vaglio scientifico dell’EFSA e delle altre istituzioni scientifiche. Il che non stupisce perché spesso vengono portati a supporto di una richiesta di divieto studi scientificamente scadenti e usati solo come “copertura”, perché la legislazione non prevede che si possano vietare gli Ogm per motivi economici o sociali. In altre parole, si cerca una scusa “scientifica” (anche se non sta in piedi) perché non si possono utilizzare le vere ragioni dell’opposizione, che sono sociali, politiche ed economiche.
Su cosa verte la trattativa a Bruxelles?
La situazione di stallo sta danneggiando l’Europa: già alcuni centri di ricerche, come quello della BASF, hanno fatto le valigie per trasferirsi in USA. Il compromesso che si sta cercando è questo: l’approvazione rimane comunque a livello Europeo, su basi strettamente scientifiche, ma verrebbe data ai governi nazionali la possibilità esplicita di vietare gli Ogm anche con considerazioni di tipo sociale ed economico. In pratica i paesi favorevoli si sono scocciati del continuo veto da parte dei contrari e vogliono andare avanti da soli. Con questo compromesso i paesi favorevoli sperano che i contrari non mettano più i bastoni fra le ruote opponendo motivazioni scientificamente poco motivate.
Chi è contrario a questo accordo?
Le multinazionali, che non vogliono venga data la possibilità ai singoli stati di vietare un Ogm dopo che è stato approvato in sede Europea (tra l’altro che questo si possa legalmente fare è dibattuto, perché potrebbe violare le regole del WTO per il libero commercio dei prodotti). Anche le organizzazioni di attivisti anti-Ogm, come Greenpeace, sono contrarie, perché la loro azione di lobby, molto efficace a livello delle istituzioni europee, verrebbe molto diluita dovendo opporsi anche nei singoli stati, sapendo benissimo che in alcuni paesi si darebbe il via libera agli Ogm senza problemi.
Sono poi contrari alcuni paesi che vedono in questo accordo un indebolimento del mercato unico europeo: se i semi sono una merce come le altre come è possibile vietarne il libero commercio tra stato e stato?
Chi è favorevole?
Alcuni paesi come la Danimarca, la Svezia o la repubblica Ceca che vogliono procedere sulla via delle biotecnologie agrarie senza che i paesi contrari, come l’Italia fino a ieri, blocchino i loro piani. Anche la Gran Bretagna ha ultimamente manifestato interesse per alcune piante Ogm, come la barbabietola da zucchero, già utilizzata in USA.
E l’Italia?
Il ministro Clini ha annunciato un cambio di posizione, accettando l’idea che chi vuole bloccarli a livello nazionale possa farlo, e chi vuole andare avanti lo faccia senza intralci da parte degli altri.
E la ricerca a cui fa riferimento Clini?
Nessun paese Europeo tranne l’Italia ha bloccato la ricerca, anche in campo aperto, in questo campo riconosciuto come strategico dall’Europa. La ricerca pubblica italiana, prima del blocco decretato da Pecoraro Scanio, era all’avanguardia nello sviluppo di Ogm italiani pensati per l’agricoltura italiana. Molti sono già pronti nei laboratori delle università italiane. (I pioppi Ogm italiani sono in questo momento piantati e rigogliosi in foreste cinesi ad esempio). Ci sono viti, olivi, pomodori, melanzane, mele, etc. tutti pensati per risolvere specifici problemi italiani.
È inutile negare che uno dei problemi principali all’accettazione sociale di queste tecnologie sia il grande peso che hanno le multinazionali in questo campo. La ricerca pubblica auspicata da Clini però potrebbe efficacemente agire da contrappeso rispetto al potere di influenza delle multinazionali del biotech.
Quanto tempo servirebbe per far ripartire la ricerca in Italia?
Un minuto: il tempo della firma dei famosi protocolli di ricerca sugli OGM italiani, tenuti fermi nei cassetti dei ministeri dall’ex-ministro Zaia.
L’Italia è un paese dove tutti si riempiono la bocca con la parola “ricerca”. Qui c’è l’occasione per distinguere i fanfaroni da chi invece parla seriamente. Si può far ripartire la ricerca pubblica italiana in un campo dove era all’avanguardia e dove una politica miope e di infimo livello l’ha bloccata per dieci anni. Basta volerlo. E si inizi pure con applicazioni non alimentari, come prudentemente ha suggerito Clini. Ma si inizi.