Mentre Hollywood continua a pescare a pieni mani (secondo molti a causa del progressivo inaridirsi della loro vena creativa) nell’universo dei supereroi Marvel (Uomo Ragno, Thor, Iron Man, Fantastici Quattro, prossimamente su questo schermo i Vendicatori) cinema e tv italiani continua a pescare a pienissime mani fra i superdelinquenti dell’universo Italia. La qual cosa già di per sè dovrebbe farci pensare.
Dopo Riina “capo dei capi”, dopo la Banda della Magliana declinata sia in versione cinematografica sia in quella televisiva, dopo Vallanzasca e la Uno Bianca (e certamente dimentico qualcuno dei membri di questo prestigioso club) ora siamo in attesa della seconda e finale puntata di “Faccia d’angelo”, lo sceneggiato (mi va di chiamarlo ancora così anche se fa molto vintage) dedicato a quel sant’uomo di Felice Maniero, il boss della Mafia del Brenta. La caratteristica comune di tutti questi prodotti è la loro struttura narrativa che è sintetizzabile così: goduria e crollo. Prima c’è l’ascesa delinquanziale, che in genere si risolve nella congenita celebrazione del self made man, dell’uomo magari di umili origini determinato a farsi da solo, a trovare una strada, a scardinare l’opposizione di un destino cinico e baro a colpi di pistolettate, coltellate, rapine etrc etc. Poi arriva (e sono certo che è questo che succederà lunedì sera) la caduta, il dolore, magari (non sempre) la sopravvenuta consapevolezza dei propri errori. In qualche caso arriva invece il trionfo del più furbo.
Ma la seconda parte non riesce mai o quasi mai a compensare la prima. Sono convinto che il continuo racconto di facce d’angelo e compagnia rapinante non faccia altro che accrescere, nelle menti di chi magari non ha gli strumenti interpretativi adeguati, il mito di chi si è ribellato al suo destino e ha costruito qualcosa (qualcosa che?) con le “sue mani”. Espressione che mi fa venire in mente qualcuno ma non riesco a chiarire bene chi.
Lasciando da parte le tesi di chi pensa che la violenza televisiva sublimi quella reale, il continuo riapparir televisivo di facce d’angelo mi induce solo a riflettere sulla malcelata furbizia dei creatori (beh, insomma) televisivi a caccia di punti di share: un finale rassicurante e qualche figura positiva non bastano ad assolvere scelte inassolvibili. E su cosa porti un paese (qualcuno, almeno) a guardare queste celebrazioni invece di lasciarle in un cosciente oblio.