La crisi, ormai, è conclamata. Gli ascolti dei talk show tendono al ribasso o, per le novità in palinsesto, non decollano. E’ il caso dell’esordio di Robinson condotto da Luisella Costamagna che venerdì scorso ha raggiunto solo 3,70% di share. Non è andata meglio a Le invasioni barbariche di Daria Bignardi che ha registrato il 3,25% e The Show must go off di Serena Dandini che sabato si è fermato all’1,99%. Ieri invece Piazzapulita condotto da Corrado Formigli ha fatto il 4,20% e Servizio pubblico di Michele Santoro , che viene però trasmesso su un network tv locali e da Sky, il 5,55%. Numeri spesso scivolati sotto il 10% per Matrix su Canale 5, regolarmente superato da Porta a Porta. Il programma di Bruno Vespa regge la gara degli ascolti con una media a febbraio del 12,90% mentre Ballarò di Giovanni Floris su Raitre è stato seguito per due mesi consecutivi da meno di quattro milioni di spettatori. Un record in negativo mai sfiorato nell’ultimo anno. Pollice verso anche per L’Infedele di Gad Lerner che dalla chiusura della stagione a giugno ha dimezzato gli ascolti e si è assestato sul 4%. Con la media più bassa da marzo 2011. Numeri in calo anche per In Onda, che nella media degli ultimi tre mesi non è riuscito a sorpassare i 700mila telespettatori e Otto e mezzo che, nonostante a inizio stagione facesse quasi il 7% di share, dopo gennaio è sceso al 5%.
Il calo di interesse per il format prosegue di pari passo con il fiorire di alternative su web e digitale terrestre che hanno moltiplicato le scelte per il pubblico. E lo hanno frammentato. Colpa loro? Niente affatto. E’ il talk che è usurato e si è cristallizzato dopo l’uscita di scena di Silvio Berlusconi, prima al centro del dibattito pubblico e oggi snobbato dagli spettatori. Riesce invece a tenere chi, popolare o di nicchia, ha capito che il vento politico ha cambiato e si è di conseguenza adattato alle esigenze di informazione di chi siede davanti alla tv.
“Al pubblico oggi non interessa più il Cavaliere che un tempo, come si dice in gergo, ‘tirava’ – sostiene Davide Maggio, blogger e critico tv-. La sua scomparsa politica non è coincisa con l’arrivo di figure istituzionali dotate di appeal televisivo e il governo di oggi, specie in quanto a gossip, non fa discutere”. Di conseguenza, la riproposta di schemi e argomenti che hanno a che fare con una stagione istituzionale ormai conclusa si traducono nel calo di ascolti: “Luisella Costamagna, ad esempio, ha scelto di intervistare Mara Carfagna – prosegue Maggio -. Il risultato? Uno share al lumicino. Un’intervista che appartiene al passato e che non ha nulla a che fare con l’attualità”. Sono i temi scelti dai talk e “la riproposizione quotidiana di personaggi triti e ritriti” e di “servizi senza notizie” che ne determinano l’insuccesso. Molto più del web e del digitale terrestre che, sebbene “frammentino il pubblico”, non sono i responsabili del crollo verticale del format. Che in Italia è ridondante.
“Dal lunedì alla domenica, la tv non fa che proporre talk show – osserva Alberto Marinelli, docente di teoria della comunicazione e dei nuovi media dell’università La Sapienza di Roma – e il pubblico rifiuta un’offerta ripetitiva. La crisi di ascolti, però, è legata anche all’esaurimento del format, che non ha saputo rinnovarsi. Non c’è aria di novità davanti ai dibattiti serali”. Con Berlusconi “il pubblico era diviso in tifoserie, chi era con lui o chi era contro di lui”, ma oggi il governo Monti “ha posto temi più complessi che non si trasformano necessariamente in ascolti”. E poi mancano anche giornalisti “graffianti”, motivo in più per cui il ribasso “non può essere attribuito a un travaso di pubblico dal tv al web”. “All’inizio la Bignardi era tagliente e, di conseguenza, il programma interessante – conclude il professore – Poi si è appiattita. E vediamo sempre più spesso personaggi intervistati per fare pubblicità ai loro libri. L’unica conduttrice che a volte è ancora incalzante è Lilli Gruber. Ma il panorama, complessivamente, è piuttosto scoraggiante”.
Anche per Tommaso Tessarolo, ex direttore di Current Tv, gli ascoltatori non sono fuggiti su altre piattaforme. Sono semplicemente cambiate le esigenze di informazione e i protagonisti dei salotti tv. “I personaggi dell’era Berlusconi erano tutti noti al pubblico, a differenza dei ministri del governo tecnico”, puntualizza. “Prima si parlava di Arcore e di escort, oggi di crisi economica e problemi del paese reale. Temi che i talk non riescono ad affrontare in maniera competente”. Secondo Tessarolo, infatti, “la gente, se non trova quel che vuole, spegne. Bisogna cambiare passo e creare programmi che facciano informazione di spessore. Il clima politico è cambiato all’improvviso, ma la tv non si è adeguata”. Colpa dei format, ridondanti e svuotati. E che devono ancora voltare pagina dopo Berlusconi.