Casini e Fini: "Se Monti lo ritiene necessario, faccia pure". E' l'ipotesi proposta da giorni da Bersani che però ad Alfano non piace per niente. Tra le soluzioni (per aggirare i vincoli della legge) potrebbe esserci un "super dg" che riformi l'azienda di viale Mazzini. Baudo: "Azienda moribonda, ci vorrebbe Marchionne"
Sì al commissariamento della Rai. Dopo Fini, anche Pier Ferdinando Casini si dice d’accordo con questa soluzione per la tv pubblica: “Sono totalmente d’accordo con Fini che ha parlato a nome del Terzo Polo” ha spiegato il leader dell’Udc. Ieri il presidente della Camera Gianfranco Fini, durante una convention di Futuro e Libertà a Pietrasanta, in Versilia, aveva detto: “Monti proceda con il commissariamento della Rai se lo ritiene necessario e metta i partiti di fronte alle loro responsabilità”.
In realtà il confronto è destinato ad essere tutt’altro che sereno, come si intende dalle parole del capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri: “Non può diventare commissario della Rai né Enrico Bondi né un altro”. Per Gasparri l’idea del commissariamento dell’azienda di viale Mazzini, insomma, non è fattibile, perché “per commissariarla occorrerebbero condizioni economiche e giuridiche che non ci sono”. Sarebbe un atto “illegittimo, incostituzionale” e “non giustificato” dai dati di bilancio. Un parere che tende ovviamente a difendere soprattutto la legge sulle telecomunicazioni firmata proprio da Gasparri e in vigore dai tempi del secondo governo Berlusconi.
L’idea era stata lanciata e sostenuta con convinzione dal segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani: ”Con la governance attuale – aveva detto venerdì scorso – una persona autorevole è destinata solo a perdere autorevolezza perchè nessuno può fare i miracoli”. “Si faccia – è l’idea di Bersani – una nuova governance, più adatta ad un’azienda che deve competere, nel frattempo si nomini un commissario, ma si cambi passo. Se non si fa così e non si mettono fuori i partiti noi non partecipiamo”. “Una persona autorevole con quella governance e’ destinata a perdere autorevolezza”. Una posizione ribadita dopo il vertice di maggioranza di giovedì sera con il presidente del Consiglio Mario Monti, nel quale tuttavia l’argomento della Rai è rimasto stretto in un breve scampolo ormai a notte fonda. ”Sulla Rai se ne riparlerà – ha ripetuto Bersani venerdì – Vuol dire che andare bei lisci a rinnovare con la Gasparri comporta dei problemi che sono stati valutati e io ho ribadito la nostra posizione: o cambia governance o non partecipiamo. Basta, è un delitto che si sta consumando ai danni di un’azienda che non può esprimere una sua forza in una competizione che ci sarà nei prossimi anni”.
La posizione del governo. Un parere ufficiale dell’esecutivo non c’è. Tuttavia fonti vicine al governo riferivano dopo l’incontro tra Monti e Angelino Alfano, Bersani e Casini che in effetti tra le ipotesi sul tavolo c’è anche quella del commissariamento, anche se non nel senso stretto del termine, visto che nel caso della Rai “non vi sarebbero i presupposti giuridici” per una simile fattispecie, come diceva per l’appunto anche Gasparri. A Monti le idee sul futuro della Rai non mancherebbero: il Professore avrebbe prospettato l’ipotesi di aumentare i poteri del prossimo direttore Generale tanto da renderlo simile ad un “commissario risanatore”. Non sulla base del codice, visto che mancano i presupposti giuridici, ma sulla base delle deleghe che possono essere modificate anche con l’attuale legge Gasparri. Un modo per togliere (almeno in parte) l’azienda pubblica dal gioco dei partiti. Ipotesi appena ventilata, anche vista l’ora tarda, da Monti insieme ad altre possibilità e che sarebbe stata accolta con netta contrarietà dal Alfano. Nel Pdl, infatti, hanno già eretto le barricate per lasciare immutato l’assetto di viale Mazzini, a cominciare dall’attuale dg, Lorenza Lei. La paura del Popolo delle Libertà è anche un altro, come spiegava alcuni giorni fa il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto: “Non accettiamo il commissariamento della Rai che prelude ad un’operazione di totale normalizzazione interna dell’azienda, con l’eliminazione delle poche voci e delle poche presenze non collocate sul tradizionale pensiero unico della sinistra. Sulla Rai non sono accettabili forzature di alcun tipo”.
Di nomi, nonostante circolino in abbondanza sui giornali, il premier non ne avrebbe ancora fatti. L’ipotesi di un commissariamento inoltre vedrebbe, secondo altre fonti (questa volta parlamentari), anche un certo scetticismo di Corrado Passera, l’unico ministro rimasto a parlare di Rai a palazzo Chigi con i leader e il premier. Il responsabile dello Sviluppo sarebbe dubbioso della fattibilità di un simile scenario ritenendo più percorribile il rinnovo del Cda con le attuali regole. Diversa la posizione del Pd che con lo stesso Bersani chiede un “commissariamento” ponte che traghetti la Rai verso una nuova governance. Il tema, comunque, vista la ferma opposizione di Alfano, è stato rinviato al prossimo vertice, con l’invito del premier a ragionare sulle proposte fatte. Anche perchè di tempo ce n’è a sufficienza: il bilancio della Rai sarà approvato dall’assemblea solo a fine aprile. E, come ha spiegato Casini, il dossier potrebbe essere affrontato “dopo le amministrative quando ci sarà la serenità necessaria per farlo”.
Baudo: “Un’azienda moribonda, ci vorrebbe Marchionne”. Sullo stato di salute della Rai si registra anche l’opinione autorevole di uno che in quell’azienda è cresciuto e di contro ha contribuito a far crescere. La Rai “è un’azienda moribonda, senza più uno straccio di progetto culturale, seviziata dalla politica” dichiara Pippo Baudo, in un’intervista al Corriere della Sera, aggiungendo che “è un’idea ottima” quella del governo che “avrebbe intenzione di enfatizzare il ruolo del direttore generale così da farlo diventare, nei fatti, una sorta di commissario straordinario”. “La legge Gasparri – non usa mezze parole il conduttore – quello schifo di legge, per ora non si può toccare: perciò la soluzione potrebbe essere quella di un direttore generale forte, capace di intervenire con decisione, per poter raschiare via tutte le incompetenze, per tappare i buchi del bilancio e restituire all’azienda un profilo di servizio pubblico. Penso a Sergio Marchionne, uno così servirebbe”, perché è “un manager che avrebbe la testa giusta per intervenire sulla Rai”. Certo, osserva Baudo, “di figure così in Italia ce ne sono pochine, l’ideale sarebbe qualcuno che conosca la Rai dal di dentro”.
Quindi va bene anche Lorenza Lei. “Con libertà d’azione farebbe bene”. Altri nomi? “Beh, anche un tipo come Claudio Cappon, andrebbe benissimo. E’ già stato dg della Rai per due volte, è ancora un nostro dirigente. Ha esperienza, saprebbe dove mettere le mani. E comunque penso che si potrebbe anche confermare Lorenza Lei: se le si conferissero libertà di azione, sono certo che farebbe bene”. E chi la critica? “Sbaglia. La Lei non solo è lì da pochi mesi, ma ha pure ereditato un’azienda letteralmente a pezzi. Il suo predecessore Mauro Masi è stato il peggior direttore generale nella storia della Rai… Tutta l’azienda, però, è ormai farcita ad ogni livello di personaggi incapaci, messi lì dalla politica”. Terminando con un ultimo giudizio sul direttore di Rai Uno Mauro Mazza (“Di spettacolo non sa nulla, tecnicamente nulla”), Baudo indica l’origine dei problemi nella Rai. “Furono i socialisti a far degenerare la Rai, a piegare l’azienda al volere della politica”.
A Baudo che dice che la Gasparri fa schifo non la prende con molta filosofia il senatore del Pdl: “Pippo Baudo è un conduttore finito.Per farsi citare deve solo insultare il prossimo. Gli consiglierei di invecchiare meglio. Baudo a 75 anni vorrebbe ancora andare in video. Tutti, ad un certo punto, dovremmo ritirarci. Lui non fa audience e carica livore sul prossimo non prendendo atto che quando io ero bambino già conduceva in tv. Ora stia un pò a casa invece di insultare le persone”.
Il toto-nomi. Per il momento nel vortice delle indiscrezioni sono usciti i nomi – ma al momento non hanno particolare consistenza – di Claudio Cappon, già direttore generale della Rai, per due volte, l’ultima per tre anni prima di Masi; di Giulio Anselmi, ex direttore della Stampa e dell’Ansa e ora presidente della stessa Ansa e da pochi mesi anche della Fieg, la Federazione degli editori dei giornali; Enrico Bondi, “medico” di molte grosse aziende (da Montedison alla Parmalat); di Rocco Sabelli, altro risanatore della finanziaria Immsi e della Piaggio (entrambe legate a Roberto Colannino) e scelto anche per rilanciare Alitalia; Mario Resca, presidente per 12 anni di McDonald’s in Italia e scelto nel 2008 dall’allora ministro Sandro Bondi come direttore generale del dicastero dei Beni culturali (con relative polemiche per la presunta incompetenza) e dal 2010 commissario straordinario a Milano della Grande Brera; Giancarlo Leone, ex capo di Rai Cinema per 7 anni e ora vice di Lorenza Lei; addirittura Umberto Eco; e Piero Angela. Il conduttore di Quark ha già chiarito: “Tutti mi stanno chiedendo se voglio fare il presidente della Rai. No, grazie. Penso che possa servire meglio la Rai continuando a fare il lavoro che faccio”. Posizione condivisa da Baudo: “Lo capisco: proponessero un ruolo del genere a me, scapperei all’estero”.