Un pazzo di un amico macellaio, che lavora nell’Appennino tosco-romagnolo, a Monzuno, è arrivato portando regali. Ma più che altro teneva in braccio un coscio di 10 chili di questo meraviglioso animale. Me lo ha passato raccomandandosi che assaggiassi quel prosciutto cotto il prima possibile. Io, nell’emozione, non gli ho saputo che rispondere con una domanda: come lo mangio? E lui, secco e perentorio, con pane e burro!
Ogni tanto vorrei essere Dio per benedire certi uomini.
Il pazzo aveva messo a cuocere, per 20 ore, il coscio in un forno a legna (faggio) fatto raffreddare fino a 90 gradi, con le braci sopite e pezzi di legno solo parzialmente combusti.
Morbidezza assoluta delle carni, con un leggero sentore di affumicato vero.
Tagliato fine, per farcire un mio pane sporcato con un’abbondanza, come mi era stato ordinato, di burro, è stato meraviglioso. Ma ancor di più, risaltare, sempre in un padellino con del burro, tutti i grasselli caduti durante il taglio insieme a dei pezzetti della morbida cotenna affumicata, e riversarli poi nella mia solita frittata, con uova vere e un pugnello di parmigiano. Il suo nome, gioco forza, Frittata benedetta e affumicata.