Paolo Bosusco e Claudio Colangelo sono stati sequestrati in India mercoledì scorso da gruppi combattenti. Anche la chiesa locale si è mobilitata per tentare una mediazione
Confermate, quindi, le indiscrezioni di ieri riportate dal quotidiano Hindustantimes, secondo cui sequestratori chiedevano il rilascio di persone arrestate o sotto processo nell’ambito dello scontro tra polizia e ribelli comunisti, con una lunga lista di nomi di appartenenti al Partito indiano comunista o leader dei cosiddetti “movimenti contro la requisizione della terra”
Ieri il console italiano a Calcutta, Joel Melchiori, ha incontrato il ministro dell’Interno dello stato indiano dell’Orissa per discutere della vicenda del rapimento. Le autorità italiane, come ha ribadito il portavoce della Farnesina, Giuseppe Manzo, ritengono “assolutamente prioritario l’obiettivo della sicurezza e dell’incolumità dei nostri connazionali”.
La guerriglia maoista in India continua a essere una minaccia per l’intero paese. “Il recente sequestro di due cittadini stranieri – ha spiegato il premier indiano Manmohan Singh nel corso di un’audizione in Parlamento – è per tutti noi un ricordo amaro della sfida che costituisce l’estremismo di sinistra per la nostra sicurezza interna”. I ribelli maoisti sono presenti in diverse regioni dell’India centrale e orientale dove controlla una “cintura rossa”, un’area in cui esistono campi di addestramento alla guerriglia dei gruppi che perseguono una rivoluzione agricola di stampo comunista.
Per la liberazione degli ostaggi si è attivata anche la chiesa locale. Monsignor John Barwa, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneshwar, nello stato indiano dell’Orissa, ha inviato un proprio sacerdote nel distretto di Kandhamal, per esplorare se vi sono possibilità di mediazione per favorire la soluzione del sequestro. Infatti dato che molti dei tribali del distretto – che i ribelli maoisti difendono – sono cristiani, la polizia ha chiesto aiuto alle Chiese e alle Ong della società civile, per attivare tutti i canali possibili che siano utili al rilascio dei due “su basi umanitarie”.
Il cuoco di Bosusco liberato sabato, Santosh Moharana, ha detto che al momento della separazione, l’ostaggio gli ha chiesto di rassicurare il padre e di assicuragli che “non c’è pericolo”. “Quando ci hanno presi – ha detto – lui ha cercato parlando la lingua locale di convincere i guerriglieri a lasciarci andare perchè che non stavamo facendo nulla di male, ma è stato tutto inutile”. E ha aggiunto: “Dopo tre giorni, i maoisti hanno detto a me e al mio aiutante Kartika che ce ne potevamo andare. E Paolo mi ha lanciato il messaggio: ‘Rassicura papà e digli che questa storia finirà prestò!”.