“Buongiorno, qui non si può entrare”. Corpetto antiproiettile, mitra a tracolla, basco blu. Per attraversare piazza Montecitorio serve la tessera da parlamentare (o da giornalista). Per andare davanti a Palazzo Chigi, sede del governo, pure. Cinque camionette in via del Corso, cinque verso piazza Venezia, quattro davanti al Parlamento. Polizia su via Nazionale, Carabinieri in zona Campo Marzio, transenne e controlli attorno a tutti i palazzi del potere.

Nessuna manifestazione, né annunciata né improvvisata, neanche un gruppetto di contestatori, solo telecamere e signori in giacca e cravatta che fumano perplessi, stupiti, bastonati dal caldo e dall’attesa surreale. I turisti con la cartina in mano domandano: ma che succede? E’ la riforma del lavoro, sembra un’occupazione militare. Il governo dice che bisogna diventare tutti licenziabili: non tutti insieme, uno alla volta. Per crisi o mancato senso della disciplina fa lo stesso, un po’ di soldi e via. Fuori.

Nello spazioso mercato del lavoro che in Italia premia, da sempre, il talento e l’onestà. Infatti Bersani è preoccupato: bisogna firmare, l’accordo è importante. Nessuno protesta, in piazza, nessuno sa come andrà a finire, anche se tutti sono convinti possa finire molto male.

Un militare appoggiato al blindato fischia quando passa una ragazza: “Quanta bella roba…”. Il sole va giù, l’aria rinfresca, il giorno in cui l’Italia doveva cambiare di colpo è già quasi un’ombra.

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