Per un pomeriggio la piazza romana Madonna dei Monti ha cambiato nome e si è trasformata in “piazza della Primavera”. Un’iniziativa voluta da Amnesty International per rendere omaggio, il primo giorno della stagione più bella dell’anno, alle rivoluzioni che hanno infiammato il Medio oriente e la sponda sud del Mediterraneo.
Il rione Monti è allegro, la piazza popolata di bambini. Un tappeto di fiori viene steso vicino alla fontana. Gialli, rossi, arancioni. Accanto una grande bandiera della Siria distesa per terra e quelle gialle di Amnesty. Una scenografia che fa da cornice a dibattiti, testimonianze e filmati per sostenere le rivendicazioni che, dall’inizio del 2011, hanno portato nelle strade dell’Africa del Nord milioni di persone. E per consegnare vasi di margherite alle ambasciate di Egitto, Libia, Russia, Iran. “Non si può fermare la primavera”. E non lo può fare nemmeno la Russia, aggiunta alla lista perché “sta politicamente difendendo la Siria e i crimini che stanno accadendo lì”, spiega Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia. E lo fa perché quella siriana è la sua “unica base nel Mediterraneo”. Perché, “ha necessità di continuare a vendere armi ma anche di giocare un ruolo contro gli Stati Uniti contro l’Iran”. E perché “il mondo fa scelte conservative, di stabilità”. Anche Gheddafi “è stato nostro amico finché è stato considerato stabile”. Il presidente siriano Bashar al-Asad “è oggi considerato ancora stabile. Ed è meglio il noto dell’ignoto”, chiosa Noury.
Un anno è passato dall’inizio della stagione di rivolta. E oggi la situazione si è “molto negativa”, spiega il rappresentante di Amnesty. Anche in quei paesi che hanno rovesciato i vecchi regimi. Come in Tunisia dove il ministro dei diritti umani Samir Dilou ha derubricato l’omosessualità “a una perversione che va curata con le medicine”.
In Iran la repressione non si placa dalle elezioni presidenziali del 2009 con la contestata vittoria di Mahmud Ahmadinejad. “E oggi la gente non scende più in piazza come prima”, spiega Marco Curatolo, presidente di Iran Human Rights Italia. “Buona parte della società civile iraniana che aveva protestato o cercato di sovvertire il regime o di cambiare dall’interno le regole della Repubblica islamica in questo momento è in prigione”. Migliaia i prigionieri politici, e sono soprattutto studenti. La pena di morte viene usata in maniera continua e con “palese volontà intimidatoria”, e il 2011 ha registrato 676 esecuzioni. “Ecco perché chiediamo alla comunità internazionale una pressione costante e continua sul regime”, dice ancora Curatolo. “Ponendo la questione dei diritti umani perlomeno sullo stesso piano della questione dell’uranio e del nucleare”.
E poi ovviamente c’è la Siria, dove i massacri vanno avanti da un anno, racconta l’attivista e blogger Aya Homsi, per mano del regime e dei mercenari di Assad “contro la popolazione che sta chiedendo democrazia”. Aya è nata in Italia da genitori siriani. E ha sempre frequentato il paese d’origine, racconta, trascorrendo lì anche alcuni mesi all’anno. “Ecco perché quando è scoppiata la rivolta abbiamo deciso di utilizzare le mie due cittadinanze per fare informazione e chiedere giustizia per il popolo siriano”, racconta. Aya Homsi e altre persone hanno cominciato a mettersi in contatto con gli attivisti siriani, diventando attivisti a loro volta, organizzando manifestazioni, traducendo i video e le informazioni che arrivano dalla loro terra. “Viviamo 24 ore in chat sui social network per raccontare quello che ci viene raccontato dalla Siria”.
Dall’altra parte la comunicazione è difficile. A raccontarlo è Sara, anche lei italo-siriana. Vive a Roma, ha 17 anni e gli occhi stellati. “Sono nata a Damasco e sono venuta qui quando avevo pochi mesi”, spiega. Quasi tutti i suoi parenti vivono nella terra dove anche lei è nata e dove fino a quest’anno si è recata ogni estate. “Ma ora entrare in Siria è impossibile”. E di notizie – dai parenti e dagli amici di una vita – ne arrivano poche: “a causa della mancanza di elettricità, di cibo, di tutto”. La richiesta, alla comunità internazionale e all’Italia, è chiara: dare informazioni su quanto sta accadendo in Siria. “Se ne parla poco”, dice Sara. “Solo ora che la rivolta ha compiuto un anno è uscito qualcosa sui tg. Ma fino a ieri mi chiedevano ‘dov’è la Siria?’. Una cosa ridicola”, sorride. L’Italia “si è comportata malissimo. Gli italiani bene”, si sfoga anche Aya Homsi. “Ricevo tanti messaggi meravigliosi da parte di cittadini italiani che credono nella nostra rivolta”. Una rivolta che “evidentemente dà coraggio anche a loro per portare avanti le lotte per l’Italia”. Lotte che, promette Aya, “troveranno tutto il nostro appoggio.
di Angela Gennaro