Almeno trecento poliziotti dell’unità antiterrorismo da ore stanno asserragliando Mohammed Merah, il franco-algerino di 24 anni ritenuto il killer che due giorni fa ha compiuto la strage alla scuola Ozar Hatorah, a Tolosa, in Francia. Il giovane si trova barricato dalla notte scorsa in un appartamento al primo dei 5 piani di un condominio del quartiere residenziale di Cote Pavee. Le forze speciali della polizia hanno però evitato di tentare un blitz nell’edificio, decisione arrivata in extremis, anche per volontà del presidente Nicolas Sarkozy, che ha confermato questa linea anche in serata: “Deve rendere conto alla giustizia”. Lo stesso Merah è ritenuto l’uomo che l’11 marzo ha sparato, uccidendoli, tre soldati a Montauban.
A rue Sergent Vigné, numero 17, dove abita il giovane: è più buio del solito, tutta l’elettricità è stata staccata. Sul retro, in strada, sul tetto, ci sono centinaia di uomini neri, le teste di cuoio della polizia. Dentro, da solo nel palazzo evacuato, Merah, il killer, “Terminator” come lo hanno chiamato a Tolosa. Per vedere ha acceso una candela. Da ascoltare per lui c’è solo il “negoziatore” delle squadre speciali. Sarebbe stato fissato un ultimatum a mezzanotte.
Secondo le autorità francesi Merah, cittadino francese ma di origini algerine, che vive e lavora (come meccanico) a Tolosa, aveva in mente di uccidere ancora, oggi stesso. Aveva già individuato le prossime vittime: un altro soldato e due poliziotti. Ha rivendicato sia l’uccisione dei tre soldati francesi che delle quattro persone nella scuola ebraica (un rabbino, i suoi due figli di 5 e 6 anni e la figlia del direttore dell’istituto Hatorah). Ha detto di non aver alcun rimpianto, se non quello di non aver ucciso più persone; ha detto di essere stato addestrato da Al Qaeda, nel Waziristan, in Pakistan; ha detto pure di aver rifiutato di commettere un attentato suicida per al-Qaeda, ma di aver accettato dall’organizzazione terroristica una “missione generale” per un attentato in Francia. E’ stato lui stesso a proclamarsi un militante di al-Qaeda e di aver agito sia per “vendicare i bambini palestinesi” vittime della repressione israeliana sia per ‘punire’ l’esercito di Parigi “per i suoi interventi all’estero” e segnatamente in Afghanistan insieme alla Nato.
Tutt’al più, in realtà, si tratterebbe di un piccolo criminale, disadattato fin dall’adolescenza, già fallito come aspirante paracadutista. Un ragazzo che rubava e aggrediva, che si sentiva forte facendosi filmare in moto in piedi sul sellino, per poi pubblicare quei video su internet. Genitori separati, una madre che nemmeno oggi ha voluto provare a parlargli al posto del negoziatore dei Raid (le squadre speciali francesi), un fratello simpatizzante della Jihad e nella cui auto sono stati trovati tanti esplosivi, una fedina penale già irrecuperabile. Insomma, se la Legione straniera non l’ha voluto per motivi di fedina penale, Merah si è rivolto verso la Guerra Santa, un paio di soggiorni nei campi dei mujaheddin al confine tra Afghanistan e Pakistan, ma anche lì non ha primeggiato: la prima volta si è fatto arrestare anche a Kandahar, per reati comuni, anche se il governatore della città afgana ha smentito. La seconda, è stato rimpatriato per un’epatite.
Da giorni un esercito di inquirenti era sulle sue tracce. Da quando, ha spiegato il procuratore Francois Molins, gli specialisti erano finalmente riuscire a setacciare gli indirizzi IP dei computer che avevano risposto all’annuncio della rivista on line di scambi tra privati, il ‘Boin Coin’. Uno di quelli era quello della madre di Mohamed, che abita al Mirail, la banlieue più violenta di Tolosa. Da lì, il figlio aveva attirato – con l’offerta di comprargli la moto – un militare della caserma del locale reggimento di parà, freddandolo poi a bruciapelo e a tradimento, “una morte alla quale non era preparato”, come ha detto oggi il presidente Sarkozy. Da sabato, gli inquirenti sapevano. Hanno atteso, probabilmente per essere sicuri, certamente troppo, perchè lunedì Mohamed Merah ha agito nel modo più crudele e disumano, sparando ai bambini. Il resto, lo hanno fatto alcuni sbagli grossolani del killer, come il ricorso a un meccanico per chiedere come si fa a togliere l’antifurto Gps, il tracker, dallo scooter. Infine qualche intercettazione telefonica e, ieri sera, in una riunione prima di mezzanotte in prefettura, la decisione di intervenire.
Merah era noto da tempo al Dcri, l’intelligence francese, perché segnalato dai servizi pakistani. Nel frattempo sono stati arrestati la madre, il fratello e la fidanzata. Sulla Francia incombono le elezioni presidenziali di maggio e l’epilogo della tragedia che ha insanguinato il Paese potrebbe avere un peso determinante sull’esito della consultazione.
Alle 3 e 5 minuti è scattata la prima offensiva nel quartiere del Cote Paveè: le teste di cuoio si sono manifestate dietro la porta del sospetto, lui ha reagito duro e ne ha feriti due. Prima ritirata e, poco dopo, secondo attacco. Merah ha reagito ancora, terzo ferito fra gli agenti, e la decisione di cambiare tattica.
Alle 6 sono cominciate le trattative, prima attraverso la porta, poi con un walkie-talkie che il killer ha ottenuto in cambio di una pistola lanciata dalla finestra. Il ministro dell’Interno Claude Gueant ha subito precisato che di armi ce ne sono ben altre nell’appartamento, di certo una mitraglietta e altre pistole. La giornata è proseguita infinita, Merah ha rivendicato la sua appartenenza ad al Qaida, ha detto – sempre citato da Gueant, che ha quasi diffuso in diretta le trattative con il killer ancora in corso – di voler vendicare i bambini di Gaza e di pentirsi soltanto di non aver versato abbastanza sangue.
Al momento, il profilo del killer resta piuttosto misterioso. Freddo e calcolatore, terrorista spietato e pronto a tutto, legato davvero ad al Qaida, oppure mitomane o cellula solitaria impazzita con l’unico obiettivo di farsi notare. Soltanto la sua cattura potrà risolvere il mistero. Fino ad ora tutti i tentativi di raid sono andati a vuoto perché il terrorista ha risposto con il fuoco, ferendo due poliziotti. Secondo Gueant “la priorità è prenderlo vivo e portarlo davanti alla giustizia”, come ha ordinato proprio il presidente Sarkozy: “Il terrorismo non riuscirà a spaccare la comunità nazionale” ha affermato.
Oltre 2mila persone intanto hanno partecipato oggi ai funerali delle quattro vittime della strage nella scuola ebraica di Tolosa, nel più grande cimitero di Gerusalemme, l’Har Hamenouhot. L’aereo che ha trasportato in Israele le salme del rabbino Yonatan Sandler, i figli Arieh (6 anni) e Gabriel (3 anni) e la bambina Miriam Monsonego (8 anni) è arrivato a Tel Aviv con a bordo il ministro degli Esteri francese Alain Juppé, accompagnato da circa 50 persone tra familiari e amici delle vittime. Hanno preso parte alla cerimonia anche il ministro israeliano degli Interni, Eli Yishai e vari ministri e personalità dello Stato ebraico. Juppé ha detto di “essere venuto a nome del Presidente della repubblica e del Governo francese per condividere il dolore delle famiglie coinvolte. Lunedì nella scuola di Ozar Hatorah è stato versato il sangue dei nostri due Paesi”.