Cancellare il reato di concussione per “combattere più efficacemente la corruzione”? Ha senso scorporare in due distinte fattispecie criminose, la corruzione e l’estorsione, quello che nell’attuale codice penale viene definito il reato del “pubblico ufficiale, che abusando della sua qualità o dei suoi poteri costringe o induce taluno a dare o promettere indebitamente…denaro o altra utilità”? Un reato particolarmente grave per il quale è prevista la reclusione dai quattro ai dodici anni.

Mentre il pacchetto anticorruzione slitta di giorno in giorno e, data “l’incandescenza”  della materia,  è di fatto procrastinato a dopo le amministrative, sembra che la madre di tutte le priorità sia l’abrogazione del reato di concussione. Le supposte motivazioni le ha ricapitolate con non lieve fastidio al ilfattoquotidiano.it un Massimo D’Alema molto di fretta: “Si tratta di una richiesta dell’Ocse per rendere più efficace la lotta alla corruzione : il problema è aggiornare la legislazione italiana agli standard internazionali… Nessuno vuole salvare Berlusconi.”

Nel frattempo il Pd ha ritirato l’emendamento e ha rimesso la palla nelle mani del governo e del ministro Severino; sulla questione, dopo la denuncia di inciucio finalizzata a favorire ancora una volta il Berlusconi concussore nel processo Ruby, è ritornato anche Di Pietro.

Il leader dell’Idv, nonché ex Pm di Tangentopoli, come i suoi ex colleghi di Mani Pulite, già dal lontano 1994 era intervenuto per proporre riformulazioni della concussione sulla base della effettiva esigenza di evitare, come è avvenuto in una infinità di situazioni, che imprese potenti ed in grado di condizionare pubblici ufficiali più che di subirne “le indebite pressioni”, da Fiat a Mediaset per intendersi, tentino di spacciarsi come “vittime” anche quando sono partner nel reato di corruzione.

Per un “paradosso”  non proprio casuale, come ha perfettamente segnalato Massimo Fini,  sta avvenendo che a circa 18 anni dalle proposte di Cernobbio e proprio quando la concussione è il reato chiave del processo Ruby, Pdl e Pd sentono l’urgenza, non di riformularlo o di unificarlo al reato di corruzione magari tenendo presente la proposta di legge anticorruzione lanciata da Marco Travaglio su  Il Fatto nel setterbre 2010, ma di cancellarlo tout court.

Naturalmente, come era in parte avvenuto per le proposte di uscita da Tangentopoli, con una legislazione anticorruzione adeguata invece che con l’impunità generalizzata,  formulate da Di Pietro e da buona parte del pool di Mani Pulite a Cernobbio, anche la proposta di legge partita da Marco Travaglio e dal Fatto, oltre a raccogliere tantissime adesioni tra i cittadini, aveva avuto, illo tempore,  il sostegno di Idv, Futuro e Libertà e Pd.

Quanto alla “pretesa” da parte dell’Ocse di eliminare la concussione, sembra che l’alibi sia già palesemente caduto. Infatti il direttore del servizio giuridico dell’Ocse, Nicola Bonucci che ha seguito da anni la vicenda italiana ha dichiarato che L’Ocse non ha mai chiesto di eliminare la concussione in blocco, ma solo l’esonero da responsabilità del corruttore, che in ambito internazionale è un problema”. E ha riportato la questione nei termini corretti, e cioè che in ambito internazionale non si può riproporre la situazione della cosiddetta “concussione ambientale”,  inaugurata da Tangentopoli, in base alla quale, il corruttore e cioè colui che ha pagato la tangente (l’imprenditore), è considerato vittima del corrotto che ha esercitato la violenza (il funzionario infedele).

Ma dire che questo schema può essere un problema se trasferito tale e quale nell’ ambito della corruzione internazionale “non significa, sia chiaro, che sia mai stato chiesto di eliminare la concussione all togheter“.

E secondo il Direttore del servizio giuridico dell’Ocse, a differenza che per il nostro ministro della Giustizia, la priorità è e rimane, guarda caso, la prescrizione “il problema principale soprattutto per la corruzione internazionale”.

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